L'INTERVISTA
Alessio-b ha 48 anni. Fa il writer da 30. Ma non lo conoscete. Se

Sabato 15 Giugno 2019
L'INTERVISTA Alessio-b ha 48 anni. Fa il writer da 30. Ma non lo conoscete. Se
L'INTERVISTA
Alessio-b ha 48 anni. Fa il writer da 30. Ma non lo conoscete. Se però dicessimo, quello di Senna, il murales buttato giù in piazza De Gasperi?
«Nacque in una notte con quattro amici di Rennes dopo una cena. Peccato averlo distrutto, loro sentivano le favelas e il Cristo di Rio. E li dipinsero. Io ho fatto il volto. Ma non sono dispiaciuto, quest'arte non dev'essere eterna. La strada cambierà, il muro sparirà. Ma l'arte non può restare chiusa in un museo. A proposito a Berlino c'è il primo museo di street art, e un quartiere con opere di 450 artisti».
Nel frattempo abbiamo scoperto che lei l'altra notte ha replicato il volto di Ayrton lungo il muro del cinema Marconi ad Abano...
«Appunto. Vede? Era un muro lungo 25 metri...»
Insomma, una tentazione irresistibile. Ma dica, da vandali ad artisti, che cosa vi ha nobilitato?
«È cambiata la società e i social media ci hanno aiutato, insieme a Banksy. Oddio, per molti siamo ancora vandali ma pensi che cosa voleva dire attaccare un muro con lo spray vent'anni fa. Ti arrestavano».
Come mai quest'arte è così legata alla periferie?
«Oggi tutti parlano di riqualificazione, di lotta al degrado. Gliela faccio più semplice. All'inizio per trovare un posto tranquillo e al sicuro, cioè dove non essere beccati, bisognava andare fuori».
Lei come si è perfezionato?
«Viaggiando. Soprattutto a Parigi dove ho avuto la fortuna di conoscere Blek Le Rat, quello che ha invaso di ratti i muri della capitale francese, un pioniere».
Quale tecnica usa?
«Lo stencil. Si preparano tante maschere normografiche in studio, attraverso le quali viene spruzzato lo spray. Si deve studiare la profondità, i chiaroscuri, i cambi di colore per ognuna. Circa 15 ore. Il meno è la realizzazione».
Come avviene la scelta del luogo?
«Istinto. Io sono fatto così. É la posizione, la luce, non è razionale».
Ma i writers lanciano messaggi?
«Io raramente e solo quando dev'essere forte. Mi sento arrivato quando ho reso felice per 5 secondi una persona. Se ho strappato un sorriso ho fatto bene il mio lavoro, che non è un lavoro. Ad esempio ho interpretato come tanti la Monna Lisa. Me la porto dietro come un marchio di fabbrica».
Ora siete diventati una moda, tutti vi vogliono...
«Strano vero? Ora tutti vorrebbero la casa o l'azienda dipinte. Ma non mi piace. Io non sono pittore di una moda. Se sento che c'è una storia da raccontare accetto, altrimenti lascio stare».
Lei da writer che rapporto ha con chi imbratta le sue opere?
«Non me la prendo. Viaggiando ho imparato che dipende solo dall'apertura culturale. Spesso sono concorrenti che nutrono una sorta di invidia perché fanno meno live. All'estero però c'è più rispetto».
La Biennale vi ha messo sotto i riflettori. E anche la scuola padovana come i poeti ha i suoi campioni che sono di solito tre, qui Kenny Random, Tony Gallo e Alessio-b...
«Già. Ma lo sa che ci sono altri come Joys o Peeta che fanno lettering da 25-30 anni? È un'altra forma di graffittismo, ugualmente nobile. A Padova abbiamo una grande scuola, e sette-otto ragazzi veramente in gamba».
Lei ha dipinto una delle opere più suggestive, il bambino con la tuta da astronauta che guarda le stelle. È proprio la volta stellata a colpire perchè sembra staccarsi dal muro. Ce la spiega?
«Vede, ho letto un libro di Hawking tempo fa che ci spingeva a guardare in alto, oltre il cielo. E queste stelle recuperano quel concetto legandolo alla rappresentazione delle stelle che fece Giotto. Lui le dipinse d'oro io le ho ricreate in alluminio e le ho ritagliate creando una distorsione bidirezionale, per questo sembrano staccarsi. Poi grazie alla vernice luminescente di giorno assorbono luce e di notte la emanano».
Mauro Giacon
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