«Mi tremano i polsi ma conosco questa macchina da guerra»

Martedì 28 Gennaio 2020
«Mi tremano i polsi ma conosco questa macchina da guerra»
La felicità è evidente. Il tono di voce ne da conferma. E poi butta lì: Beh, podemo anca parlar in venessian. Roberto Cicutto è il nuovo presidente della Biennale. Lo ha deciso il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini. «Mi ha telefonato stamattina (ieri ndr), anche se lo ammetto mi avevano messo in campana. Il mio nome circolava da un po' di tempo».
Possiamo già chiamarla Presidente, quindi.
«Ho avuto la nomina - precisa rispondendo al telefono dall'isola di Malta - ma l'iter non è ancora concluso. Ci vorranno ancora un po' di giorni».
In ogni modo si comincia...
«Sarà una grande avventura. L'esperienza maturata con la Fondazione Cinecittà e l'Istituto Luce sarà senz'altro utile per il lavoro a Venezia. Ho fatto tutta la gavetta: ho iniziato facendo il segretario di produzione, poi il produttore e il distributore cinematografico. Infine è arrivata la proposta di rimettere in piedi Cinecittà. Era il 2017. Un incarico che mi arrivò direttamente dall'attuale ministro. Tre anni di lavoro e abbiamo rimesso in piedi Cinecittà. Un simbolo».
Ha sentito Baratta?
«Sì, ci siamo sentiti. E mi ha fatto i suoi apprezzamenti».
Insomma, le ha passato il testimone. La Biennale con Baratta è tornato ad essere un punto di riferimento della cultura internazionale.
«Certamente. Sono stati anni di grande e proficuo lavoro. Conosco la Biennale da veneziano che l'ha frequentata. Soprattutto Arti Visive e Architettura, oltre al Cinema, ovviamente... Ho meno confidenza con Teatro e Musica, ma imparerò».
Programmi particolari?
«Mi lasci studiare un po'. Lo ritengo necessario. So però, per attestazione diretta, che entro a lavorare in una grande squadra. E di questo non potrò che farne tesoro. La Biennale è una macchina complessa e va capita un po' per volta».
Veneziano, ma soprattutto lei è un nome noto tra addetti ai lavori...
«È vero. Me ne sono andato nel 1967 dopo aver preso la maturità al Liceo Marco Polo. E mi sono ritrovato a Roma nel bel mezzo del Sessantotto...».
Quindi la Biennale ora si ritrova un presidente ex sessantottino...
«Beh, certo. Quanto meno dal punto di vista anagrafico sono stato un sessantottino. Restando a Roma ho avuto la fortuna di conoscere grandi personaggi del mondo del cinema, Franco Solinas, Franco Grimaldi fino a Gian Maria Volontè. Ma a parte questo ho sempre coltivato il rapporto con la mia città. E posso dire di esserne avvantaggiato».
Ora lei sarà alla guida della più grande istituzione culturale veneziana, quella che accentra buona parte dell'attenzione dei media del mondo.
«La Biennale è senz'altro una macchina da guerra. Ne sono consapevole. E se ci penso non posso nascondere che mi tremano i polsi. Ci sono momenti in cui ti accorgi, così come capitava finora a me, che contemporaneamente alle iniziative della Biennale fosse Cinema, Architettura, Arte Visive, la città diventa una capitale della cultura mondiale».
Baratta ha appreso la sua nomina con aplomb. E si è limitato ad un Viva la Biennale...
«Lo ripeto il suo lavoro è stato centrale per l'istituzione. Non so ancora quando lo incontrerò, così come non so quando arriverò a Venezia. È tutto accaduto così rapidamente. È prematuro dare un tempo sui passaggi di consegne».
In tanti le stanno augurando buon lavoro
«Mi fa piacere. E spero di ricompensarne la loro fiducia. Di sicuro, chi già mi conosce, sa che prendo ogni lavoro con grande concretezza».
Paolo Navarro Dina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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