La Ue propone una web tax al 3%

Sabato 17 Marzo 2018
La Ue propone una web tax al 3%
LA DECISIONE
BRUXELLES Tassa del 3% sulle entrate dei colossi digitali come Google, Facebook, Apple. Poi Booking.com e quant'altri. È quanto ci si attende proporrà la Commissione mercoledì, decisa a porre sul tavolo l'ormai famosa Webtax per far pagare la giusta quota di imposta ai grandi gruppi digitali. La conferma che sarà proprio questa l'aliquota non c'è. Per settimane è stata indicata una «forchetta» tra l'1% e il 5%. Un tassa del 5% genererebbe entrate per quasi 8 miliardi di euro, con il 3% si scenderebbe a meno di 5 miliardi
«Non è un tassa antiamericana né una misura protezionistica, ma una misura di equa tassazione, creerà un consenso e un elettroshock», dice il commissario agli affari economici e fiscali Pierre Moscovici. Il consenso è degli Stati membri chiave della Ue che più hanno fatto pressione a Bruxelles e in tutte le sedi internazionali (sarà così ancora al G20 finanziario della prossima settimana) per un'azione decisa: Italia, Francia, Germania e Spagna innanzitutto.
L'elettroshock è per le multinazionali che finora hanno stragoduto del fatto che le regole fiscali attuali, confezionate per l'economia tradizionale fondata sulle sedi fisiche, non tengono quindi conto del business che si fonda su asset immateriali. La società che vende servizi digitali è spesso altrove rispetto al luogo in cui avviene la transazione. Nella Ue l'imposizione effettiva delle imprese digitali è in media meno della metà di quella applicata alle imprese tradizionali: 9,5% contro 23,3%.
IL QUADRO POLITICO
C'è anche un doppio elettroshock politico. Il primo è nella Ue, c'è un fronte di paesi che oppongono una grande resistenza: Lussemburgo, Olanda, Irlanda, Danimarca e Lituania. Il secondo elettroshock è sul piano globale: giusto ieri l'Ocse ha indicato in un rapporto preliminare preparato per la riunione dei ministri finanziari del G20 (inizio settimana a Buenos Aires), che «ci sono punti di vista divergenti sul modo di affrontare questo problema».
Il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin è andato giù pesante: «Ci opponiamo fermamente alle proposte di qualche paese che prendono di mira le società digitali». Così si arricchisce il dossier delle pessime relazioni transatlantiche, in piena bagarre per i dazi Usa sulle importazioni di acciaio e alluminio.
Immediata la risposta francese: «L'Europa ha una opportunità storica di mostrare di essere una grande potenza capace di difendere i propri valori e interessi: con la riforma fiscale Usa Google, Amazon, Facebook e Apple saranno tassati di più negli Stati Uniti, dunque sorge un problema di ripartizione del diritto di imposta su scala mondiale», ha detto il ministro delle finanze Le Maire.
I gruppi Usa, Ue e asiatici sotto tiro dalla Webtax europea, se mai ci sarà, sarebbero un centinaio: interessati solo quelli con entrate globali superiori a 750 milioni di euro e con un reddito minimo generato nella Ue di 50 milioni. La proposta, è scritto in un documento preparato dalla Commissione, «è una soluzione provvisoria mentre si sta cercando una soluzione complessiva: la soluzione ideale è un approccio globale per la tassazione dei profitti», non quello di un prelievo fiscale sulle entrate. Tuttavia, «è necessario agire per evitare l'adozione di misure unilaterali da parte degli Stati membri e preservare l'integrità del mercato unico».
In Italia la WebTax è nata con l'ultima legge di bilancio e il decreto per farla entrare in vigore dal 2019 dovrebbe essere emesso entro il 30 aprile. L'aliquota è del 3%, gettito atteso attorno ai 100 milioni. L'imposta si applica al soggetto prestatore di servizi digitali, residente o non residente, che effettua in un anno solare più di tremila transazioni.
Antonio Pollio Salimbeni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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