Willy, dopo il reddito di cittadinanza blocco dei beni per la famiglia Bianchi

Sabato 19 Settembre 2020
L'INCHIESTA
ROMA Rischiano una condanna a 6 anni di carcere i genitori di Gabriele e Marco Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, i ragazzi accusati di avere pestato fino ad ucciderlo Willy Monteiro Duarte. Le tre famiglie avrebbero ottenuto indebitamente, e sulla base di false dichiarazioni, il reddito di cittadinanza. Dalle verifiche della Guardia di Finanza, infatti, è emerso che avevano altre entrate contrariamente a quanto sostenuto. E adesso, la procura di Velletri potrebbe ottenere il sequestro cautelativo dei beni, fino al raggiungimento delle somme finora percepite che l'Inps, dopo avere bloccato il contributo, chiede indietro. E mentre vanno avanti gli accertamenti patrimoniali, mettendo a confronto l'alto tenore di vita incompatibile con il redditi dichiarati, i carabinieri tirano le fila e lavorano sulle denunce per risse e lesioni che vedono indagati i due fratelli picchiatori. Le vittime erano quasi tutte straniere.
LA MISURA
Sarà il gip di Velletri a stabilire se disporre un sequestro per equivalente, qualora le famiglie degli indagati non restituiscano immediatamente le cifre percepite dallo Stato e destinate a chi non abbia un reddito. Un totale di 27.700 euro. Soldi che dovranno essere restituiti e per recuperarli la procura potrebbe decidere di bloccare i beni. Neppure la restituzione però salvaguarderebbe gli interessati dal procedimento penale per un reato che prevede pene dai 2 ai 6 anni. Ma c'è anche l'altro aspetto: il banco di frutta, che non giustifica il reddito di cittadinanza non è conciliabile con la vita extralusso dei Bianchi. Già nell'interrogatorio di convalida dell'arresto, il gip aveva chiesto agli indagati se percepissero il sussidio: «Non l'abbiamo mai chiesto e non sappiamo cosa sia», hanno fatto mettere a verbale. L'inchiesta punta a capire se i Bianchi coprano giri di affari illeciti.
Tra le vittime dei loro pestaggi, fin da quando erano neanche ventenni, figurano diversi stranieri. Durante una maxi-rissa tra italiani e stranieri davanti a una discoteca di Velletri presero di mira un indiano. La loro partecipazione al raid non emerse subito, ma vennero individuati grazie alle telecamere di sorveglianza. Sempre a Velletri, nel centro storico, spaccarono la mandibola a un romeno e gli causarono traumi per 60 giorni di prognosi. Obiettivi stranieri, come di origine straniera era Willy. C'è da dire, però, che, finora, dalle indagini non sono emerse aggravanti razziali e che nel Suv dei Bianchi (intestato alla cognata) la notte dell'omicidio c'era anche un ragazzo di origine nordafricana, Omar S..
NUOVI INDAGATI
Le indagini dei carabinieri vanno avanti e proseguono nell'ascolto di testimoni. Una attività andata avanti per tutta la settimana e che potrebbe culminare con nuove iscrizioni nel registro degli indagati. Chi indaga sta ascoltando, al momento in veste di testimoni, i ragazzi che erano con il branco quella notte. In particolare sono almeno tre le posizioni al vaglio e per le quali potrebbe scattare accuse che vanno dal concorso, al favoreggiamento o all'omissione di soccorso. Un lavoro legato all'analisi dei cellulari e, in particolare, su quattro telefonate tra le persone che erano nella zona del pub nella notte tra il 5 e il 6 settembre, quando è scoppiata la prima lite. È a quel punto che Bianchi entrano in scena, convocati sul posto, come esperti di arti marziali. Intanto i legali dei Bianchi e di Pincarelli hanno rinunciato a chiedere la scarcerazione al Riesame per i loro assistiti.
GLI INSULTI
Intanto la polizia ha identificato l'autore di un post di odio e intolleranza razziale contro Willy: è uno studente universitario di Treviso, 23 anni, esperto di informatica. Il giovane è stato denunciato. Aveva postato la frase «Come godo che avete tolto di mezzo quello scimpanzè. Siete degli eroi»: oltre ad aver creato un personaggio virtuale, cui aveva dato il nome di Manlio Germano, il sottosegretario interpretato da Claudio Amendola nel film Caterina va in città, si connetteva ai social network attraverso provider esteri, utilizzando tecniche di anonimizzazione in grado di mascherare le tracce informatiche della navigazione.
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