Una ragazza che potrebbe essere ancora tra noi e invece non c'è più, a

Venerdì 21 Giugno 2019
Una ragazza che potrebbe essere ancora tra noi e invece non c'è più, a
Una ragazza che potrebbe essere ancora tra noi e invece non c'è più, a causa secondo i giudici della dichiarata volontà dei suoi genitori di non seguire le terapie tradizionali. Quelle che avrebbero saputo, e le probabilità erano altissime, salvarle la vita. Quelle dettate dalla scienza medica che il professor Giuseppe Basso, fino a settembre scorso direttore della Clinica di Oncoematologia pediatrica dell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova, aveva fermamente proposto, a più riprese, tentando ogni strada prevista dal sistema sanitario per quella ragazza che nell'inverno 2015 era stata ricoverata nel suo reparto per quindici giorni.
Il cattedratico non ha mai nascosto la sua profonda tristezza, convinto com'era e com'è che la diciottenne doveva curarsi perché poteva guarire, costruirsi una vita normale.
Professore, come valuta il pronunciamento di condanna dei genitori di Eleonora Bottaro?
«Siamo di fronte a una sentenza destinata a fare giurisprudenza perché ribadisce il concetto che un genitore deve fare di tutto per il bene dei figli. E le possibilità che Eleonora Bottaro aveva di guarire erano notevoli. Possiamo poi trasferire il discorso sui no-vax, sull'importanza delle vaccinazioni, sulla bambina non immunizzata che a Verona sta combattendo contro il tetano: cioè se una persona esercita la patria potestà, per il figlio deve scegliere il meglio, in base non a quello che crede lei, ma a quella che è la realtà: e la realtà è ciò che ci dice la scienza, ciò che ci dice la legge».
Voi medici avevate tentato in tutti i modi di far capire, a Eleonora e ai familiari, che quella patologia, la leucemia linfoblastica acuta, era superabile: lo confermò lei e lo disse il primario dell'ospedale di Bellinzona dove la famiglia Bottaro si era rivolta in un primo momento: se un paziente non fa chemioterapia per questo tipo di leucemia, non sopravvive per più di sei, sette mesi.
«È un dato storico, risaputo: chi prende solo cortisone, senza chemio, non ce la fa. Sotto adeguata terapia invece le percentuali di guarigione superano oggi l'ottanta per cento. Come dire che quattro bambini e ragazzi su cinque recuperano la piena salute. Per giovani adulti, come era Eleonora, le percentuali si attestano sul 78%. Io avevo combattuto molto per poter curare questa ragazza, e non ho potuto farlo, quindi questo fallimento è in parte anche mio, non sono riuscito a convincere i genitori. Con lei ho parlato solo una volta, poi non è stata più resa accessibile: per noi è stata una sconfitta, ancora maggiore per i genitori stessi».
Cosa avevate fatto per avere il consenso di curarla come scienza comanda?
«Non appena la giovane ha rifiutato la chemioterapia, è partita richiesta al Comitato ospedaliero di Bioetica e al Tribunale dei Minori per iniziare il percorso di cura. Noi clinici ci eravamo mobilitati per curarla, seguendo i più moderni protocolli: l'Oncoematologia di Padova è centro avanzato per la diagnosi e la cura delle malattie maligne e dell'infanzia. In particolare la risposta del Tribunale dei Minori è arrivata dopo due giorni affidando al Comune di Padova la tutela della giovane, quando però i genitori avevano già firmato la lettera di dimissioni volontarie. Ci abbiamo provato, insomma, con tutti i mezzi a nostra disposizione».
È innaturale sopravvivere a un figlio, e non è stata una battaglia di successo quella di questi genitori, che persero due figli, fratelli, nel giro di pochi anni l'uno dall'altro. Adesso giunge questa sentenza.
«Una sentenza che ritengo estremamente importante: curare la gente è un obbligo morale, ancor più se si tratta di minori. I genitori sui figli non hanno diritto di vita o di morte, hanno piuttosto il dovere di salvaguardali anche se loro non sono in grado di farlo o pensano di non poterlo fare. I genitori devono fare di tutto per far capire loro qual è la strada giusta da intraprendere. Nel caso di Eleonora Bottaro non è stato fatto di tutto. Una brutta storia».
Federica Cappellato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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