Uccise la moglie: assolto «Era delirio di gelosia»

Giovedì 10 Dicembre 2020
LA SENTENZA
MILANO Antonio Gozzini, ottant'anni, e Cristina Maioli, 63, si erano conosciuti tra le aule dell'Itis di Brescia, dove entrambi insegnavano. Lui professore di fisica, lei di lettere. Un anno fa l'uomo, che soffriva di depressione, ha massacrato la moglie che lo accudiva: mentre dormiva l'ha aggredita con un mattarello colpendola alla testa, con un coltello le ha tagliato la gola e squarciato il torace. Ha provato a uccidersi ma non è andato oltre a qualche taglietto sui polsi: «Non ho avuto il coraggio di andare fino in fondo», ha detto nell'interrogatorio davanti al pm Claudia Passalacqua. Per l'accusa «ha agito per vendetta», ma la Corte d'Assise di Brescia ieri lo ha assolto adducendo un totale vizio di mente: era preda di «un delirio di gelosia, convinto di un tradimento».
LE PERIZIE
Come la «soverchiante tempesta emotiva e passionale» che contribuì a mitigare la responsabilità del femminicidio di Olga Matei, strangolata nel 2016 da Michele Cataldo che ha visto ridursi la condanna da trenta a sedici anni con verdetto poi annullato dalla Cassazione, l'accesso di gelosia ha risparmiato del tutto Gozzini. «Siamo soddisfatti perché la sentenza rispecchia quanto emerso nel dibattimento e cioè che il mio assistito non era capace di intendere e volere», commenta l'avvocato Jacopo Barzellotti. Durante il processo il consulente dell'accusa e quello della difesa sono stati concordi nell'affermare che l'uomo «era in preda a un evidente delirio da gelosia che ha stroncato il suo rapporto con la realtà e ha determinato un irrefrenabile impulso omicida». Secondo gli esperti Gozzini agì in preda ad «allucinazioni e disturbo delirante di gelosia» e tuttavia era in grado di affrontare il giudizio in un'aula di tribunale. Al contrario, per la consulente di parte civile Mara Bertini gli accertamenti psichiatrici erano incompleti e la valutazione inattendibile. La pm, più vicina alla psichiatra di parte civile, riteneva che Gozzini fosse in sé quando ha ucciso la moglie, sposata in seconde nozze. Dopo l'omicidio, la veglia del corpo durata ore e i vari tentativi di uccidersi ben poco convincenti, ha avuto «un momento di lucidità» in cui ha chiamato la donna che aiutava nelle pulizie di casa che ha dato l'allarme. Gozzini, hanno ricostruito gli investigatori, era geloso, ma non solo. Litigava con la moglie perché lei insisteva per farlo ricoverare, temendo un ritorno della depressione di cui aveva sofferto. Cristina Maioli era preoccupata, al punto che, insegnante scrupolosa e sempre presente, aveva preso qualche giorno di permesso per assistere il marito. Per i consulenti Monchieri e Filippini tuttavia non è stata la depressione a spingerlo a uccidere, né disturbi di personalità o cognitivi. Piuttosto «la marea montante del delirio che lo aveva fatto finire in un tunnel di malessere di cui non aveva parlato con nessuno. Si era convinto di un tradimento».
PROF AMATISSIMA
Cristina Maioli era molto amata dai suoi studenti, ai quali ha tramandato conoscenza e un ricordo indelebile. Amava l'insegnamento e trasmetteva ai ragazzi la passione per la letteratura e per la scrittura tanto che molti di loro, pur frequentando una scuola a indirizzo tecnico, dopo averla incontrata hanno cambiato percorso di studi iscrivendosi a facoltà umanistiche all'Università. La sua morte ha lasciato un vuoto, ora la sentenza pare un'offesa al suo ricordo. «Sembra purtroppo un dejavù, un terribile ritorno al passato, invece è la triste realtà - afferma la senatrice Monica Cirinnà, responsabile diritti per il Pd - Aspetteremo le motivazioni, ma il senso sembra purtroppo chiaro e terribile: questo femminicidio non è stato riconosciuto come tale e un marito in preda alla gelosia può uccidere la moglie senza essere condannato all'ergastolo».
Claudia Guasco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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