Svolta di Macron: chiude l'Ena, scuola dell'élite Ex alunni in rivolta: «Un favore ai gilet gialli»

Venerdì 19 Aprile 2019
LA POLEMICA
PARIGI «Avrei la testa fatta con lo stampino io? Davvero le sembra che sono fatto con lo stampo?»: era la mattina del 7 gennaio 2017 e l'allora candidato alle presidenziali Emmanuel Macron aveva risposto così, tra l'altro spaventandolo parecchio, a un concittadino che lo aveva criticato mentre faceva campagna al mercato di Clermont-Ferrand: «Tutti uguali voi usciti dallEna, sembrate fatti con lo stampo», gli aveva detto. «L'Ena non è uno stampo, lo è solo per quelli che nello stampo vogliono entrare» aveva precisato con più calma il candidato. Sono passati più di due anni e il presidente Macron ha cambiato idea: l'Ena, La Scuola nazionale dell'Amministrazione fondata nel 1945 dal generale de Gaulle per selezionare sul merito e non sul censo i migliori servitori dello stato, è alla fine uno stampo di cui la Francia si deve liberare.
IL DISCORSO
Ieri i giornali francesi hanno messo le mani sulla trascrizione del discorso alla nazione che il presidente avrebbe dovuto pronunciare lunedì, poi annullato davanti a Notre Dame che bruciava. Un discorso per annunciare misure «importanti» al termine del Grande Dibattitto Nazionale. Una risposta «forte» al movimento dei Gilets Jaunes. «Credo nell'eccellenza repubblicana questo avrebbe detto Macron ai francesi e abbiamo bisogno di un'élite, di chi decide. Solo che questa élite deve rispecchiare la società e essere selezionata su basi esclusivamente meritocratiche. Ecco perché ne cambieremo la formazione, la selezione, le carriere, sopprimendo l'Ena». Anche se il discorso alla fine non è stato pronunciato, già l'eventualità che Macron avrebbe potuto decidere la fine dell'Ena (e forse lo farà, ma dall'Eliseo per ora non confermano) è bastato a lacerare la Francia.
La diatriba è antica. Da una parte chi difende l'idea di una Scuola che prepara a servire lo Stato, il cui accesso è regolato dal re di tutti i concorsi, e che garantisce la selezione dei migliori. Dall'altra chi critica una selezione che alla fine premia i soliti migliori, i figli delle classi superiori, i più ricchi, quelli già dotati di un patrimonio economico, sociale e culturale alla nascita. Molti degli ex alunni (praticamente tutti i consiglieri di Macron, gran parte dei ministri, il premier, la capolista di En Marche alle Europee non è stata allieva dell'Ena, ma l'ha diretta per anni) gridano anche se nessuno si è esposto in prima persona al gesto demagogico. Un membro del Consiglio di Stato (ovviamente ex enarca) ha commentato al Figaro: «È un gesto simbolico che può rendere politicamente, ma poi bisogna pensare a sostituirla». Perché senza Ena, da quale vivaio arriveranno i presidenti della Repubblica (tutti quelli della Quinta Repubblica escluso Sarkozy), i premier (9 su 18 dal 74) i ministri, i politici?
Macron avrebbe già un'idea: creare una nuova Scuola dei servizi pubblici, con un biennio comune per la magistratura, gli enti territoriali, l'Amministrazione. Il problema è che questa nuova Scuola rischia di essere meno prestigiosa dell'Ena e di non sedurre più i bravi che già ora dicono le malelingue preferiscono fare un master in finanza e andare a guadagnare di più nel settore privato.
Fr. Pie.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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