Sfida di Salvini: referendum se smontano i dl sicurezza

Lunedì 16 Settembre 2019
IL RADUNO
dal nostro inviato
PONTIDA Non può dire quando: «Potrebbe essere tra cinque mesi. O cinque anni». Però ne è certo: «Possono scappare dal voto per qualche tempo, per qualche mese, ma non all'infinito. E questa - dice guardando il pratone di Pontida - è l'Italia che vincerà». Matteo Salvini ha perso il Viminale, ha perso il Governo, è finito all'opposizione invece che alle urne anticipate e deve sopportare i suoi ex alleati grillini andare a braccetto con il Pd. Ma da una Pontida come da anni non si vedeva così affollata, il segretario della Lega confessa: «Tornerò al Viminale», la Lega tornerà a governare. Promette: «Il primo atto sarà la flat tax al 15%». Ma da qui al voto, Salvini deve tenere unito il partito. Lo vuole compatto e pure aperto a nuovi ingressi: «Lo dico ai segretari locali, apritevi, non dovete chiudervi». E deve dimostrare di saper vincere; le prossime tappe saranno le elezioni regionali, prima in Umbria, poi in Emilia Romagna. Al governo, sulla questione sicurezza, lancia l'altolà: «Il problema è che l'Italia torna ad essere un campo profughi. Le ong hanno festeggiato. Se smonteranno il decreto sicurezza sarà un'altra occasione di referendum».
DOPPIO BINARIO
Un successo, dalla Pontida 2019, Salvini l'ha ottenuto: la partecipazione è stata oceanica. «È uno spettacolo incredibile, se fate così mi commuovo», dice appena salito sul palco.
Il new deal salviniano del post Papeete viaggia su un duplice binario. Il primo è contestare («Col sorriso») i «traditori» del M5s che hanno fatto l'accordo con il Pd, tornare a parlare del rischio di massicce invasioni di immigrati clandestini e dei prefetti che cercheranno di farli ospitare nei territori («I nostri sindaci diranno no») e di tutte le misure che il governo giallorosso si appresta a varare («Vogliono tassare il bancomat, una volta i comunisti erano dalla parte degli operai ora sono dalla parte delle banche, Berlinguer si rivolterebbe nella tomba»). Con solenni promesse: «Se pensano di rimettere la tassa sulla casa, dovranno passare sui nostri corpi».
Il secondo binario è vincere i prossimi appuntamenti elettorali, in primis le Regionali, cominciando da Umbria ed Emilia Romagna e non è un caso che sul palco ieri siano salite le due candidate governatrici, Donatella Tesei e Lucia Borgonzoni.
LE PROMESSE
Tra citazioni (il giudice martire Rosario Livatino, san Giovanni Paolo II, Enzo Ferrari, Oriana Fallaci), gesti rituali (l'omaggio ai militanti deceduti davanti all'Albero della Vita) e colonne sonore ad effetto, Salvini in tre quarti d'ora di comizio dispensa attacchi ai giallo-rossi e promesse di buon governo per quando tornerà al Governo. Gli attacchi: «I senatori a vita io li cancellerei, tre di loro abusivi, perché non eletti da nessuno hanno pure votato la fiducia a Conte». E a proposito del premier: «Che vergogna Conte che va nelle zone colpite dal terremoto e non incontra le vittime». Poi le promesse: «Oggi siamo senza sette ministeri, ma celebriamo la nostra vittoria, io preferisco cedere ai traditori sette ministeri oggi perché ce li riprenderemo, con gli interessi, tra qualche mese». La flat tax: «L'hanno già cancellata in 15 minuti, sarà il primo provvedimento della Lega quando torneremo al governo, una tassa al 15% per chi lavora e per chi produce lavoro». Al Governo sì, ma mai col Pd: «Neanche se ci offrissero mille poltrone». E denuncia la sudditanza del governo giallorosso all'Europa: «I sussurri con la Merkel e con Macron li lasciamo ai traditori del popolo. Nella foto fra Conte e la Merkel uno dei due ha difeso gli interessi del suo popolo, uno ne ha svenduto il futuro».
LE POLEMICHE
Pontida 2019 finisce con i bambini sul palco, tra cui Greta, una ragazzina di Bibbiano: «Dopo un anno è stata restituita alla sua mamma». Il giorno prima, invece, Salvini si era fatto immortalare con la figlioletta come addosso la maglia di Miss Papeere. Ma Pontida 2019 finisce anche tra le polemiche per i ripetuti attacchi al Capo dello Stato e ai giornalisti, con gli insulti a Gad Lerner e la telecamera rotta a un reporter di Repubblica. «Troppe volte assistiamo a minacce e insulti rivolti a giornalisti e operatori dell'informazione. Non è più rinviabile l'impegno di tutti, a cominciare da partiti e dai rappresentanti delle istituzioni, affinché si metta fine a una stagione di odio verso la libera informazione», dice Andrea Martella, sottosegretario all'editoria e all'informazione.
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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