«Serve un esecutivo più forte, via l'avvocato e discutiamo» Renzi, l'ultima offerta ai dem

Mercoledì 20 Gennaio 2021
LA STRATEGIA
ROMA «Mandiamolo a casa noi. Ma perché non votiamo contro?». La domanda piomba durante la riunione di gruppo a palazzo Madama. Sono in diversi a porla, l'ala più dura. «Decidete voi», dice Renzi, «l'importante è che siamo uniti». Il dubbio dura pochi minuti, le perplessità ci sono ma forzare la mano sulla fiducia sarebbe stato chiudere i ponti con i rosso-gialli per il futuro. E allora anche i senatori più irritati per l'intervento di Conte si adeguano, «meglio astenersi, comportarsi come alla Camera, poi da domani comincia un'altra partita». Passa quindi la linea di evitare il ko finale a Conte. «Tanto è finito, prima o poi dovrà fare i conti con la realtà», taglia corto il leader di Iv con i suoi. E a fine serata tiene compatto il gruppo ma deve registrare il doloroso volatfaccia di Riccardo Nencini che vota sì a Conte. Doloroso anche se Nencini assicura: «Non tolgo il simbolo a Iv». Il gruppo renziano (Italia via-Psi) infatti era nato solo grazie al logo messo a disposizione dai socialisti.
L'ex premier in Aula ha già messo la parola fine sul Conte 2: «Serve un governo più forte». Perché se anche con i fedelissimi si limita a ripetere che «la palla sta al premier», è altrettanto evidente che il senatore di Rignano ormai guarda oltre. Contatti interrotti, canali chiusi con Conte, il messaggio è rivolto al Pd: «Quando capirete che l'operazione responsabili è fallimentare Italia viva ci sarà per cercare un'altra soluzione. Senza astio e senza vendette». Ma non solo per trovare un'alternativa all'attuale inquilino di palazzo Chigi. Soprattutto per tornare a discutere di un patto di legislatura, di una convergenza che, a suo dire, è possibile trovare nella maggioranza o rivolgendosi pure all'opposizione per un esecutivo istituzionale.
Nell'incontro di Iv a palazzo Madama tutti ripetono lo stesso concetto: «Hanno bisogno di noi, non possono andare avanti con i senatori a vita». Però c'è chi non esclude che si arrivi al voto. La paura, anche di Renzi, è un'altra. Perché da oggi la caccia sarà ancora più spietata. Nei confronti degli indecisi, di coloro che non intendono votare contro i dem, che sono preoccupati di tornare nel proprio territorio ed essere additati come i responsabili di una crisi, il pressing sarà ancora più asfissiante.
Alla Camera sono in bilico tre o quattro deputati, altrettanti se non di più al Senato (il caso Nencini è un campanello di allarme). Si fanno i nomi di Comincini, Conzatti, Carbone e Grimani. «E' chiaro che molti di noi spiega un big del partito hanno paura di restare all'opposizione, di essere schiacciati su Salvini e Meloni, ma la nostra strada è diversa». Nel pomeriggio arriverà l'ok allo sforamento di bilancio, ci sarà poi il semaforo verde sul dl ristori, ma sugli altri provvedimenti e sugli emendamenti in Commissione la strategia di Renzi è quella di andare in battaglia. Una parte dei gruppi già spinge per una linea più morbida, «bisogna tenere aperto il dialogo, non possiamo salire sull'Aventino», osserva per esempio un senatore.
Il clima è sempre più teso. «Lei è un arbitro che è diventato giocatore», l'affondo dell'ex ministra Bellanova nei confronti di Conte. «Quando una storia volge al termine, meglio non lasciare in sospeso le cose. Noi ha detto Renzi al premier - pensiamo che il suo non sia il governo migliore del mondo. Pensiamo che per la tragedia in corso ci sia bisogno di un governo più forte». «Ora o mai più», il ragionamento del leader di Iv, «questo è un kairos, un momento opportuno, ci giochiamo il futuro adesso, non tra sei mesi».
LE ACCUSE
L'ex premier ha rilanciato sul Mes, è tornato ad accusare Conte di essere sovranista, di aver coperto fino alla fine Trump, lo ha accusato di avergli offerto un incarico internazionale per rabbonirlo, gli ha chiesto di fare «un passo avanti», di non trasformare la crisi «in una mera distribuzione di incarichi». «Sono mesi che le chiediamo una svolta. Oggi perde l'Italia, non noi», il refrain. Ed ancora: «Quando si fa politica si può anche rinunciare a una poltrona non a un'idea, mi auguro che metta al centro le idee e non lo scambio di poltrone perché il Paese non si merita un mercato indecoroso». Poi la citazione di Martinazzoli, del discorso del 1987 quando il capogruppo Dc alla Camera chiese ai deputati della Balena bianca di votare l'astensione al governo Fanfani VI per portare l'Italia alle urne: «Io credo che la politica è altrove e che, prima o poi, dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì».
Emilio Pucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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