Selfie con la statua di Canova: dita rotte a Paolina Borghese

Domenica 2 Agosto 2020
IL CASO
POSSAGNO (TREVISO) Secoli di Grantour alle ortiche: turista austriaco si scatta un selfie seduto sul gesso originale di Paolina Borghese e le stacca due dita del piede. Canova come Poltrone e Sofà: cosa penserebbero Goethe, Montaigne, Stendhal e tutti i turisti che dal cuore dell'Europa compivano il pellegrinaggio in Italia per ammirare i capolavori dell'arte di fronte a questo scriteriato erede? Certo è quello che pensano i carabinieri di Pieve del Grappa, la piccola stazione di polizia ai piedi del Massiccio vicina alla Gipsoteca e al Museo casa natale di Antonio Canova. Ci sono le riprese della telecamera a circuito chiuso e gli estremi della prenotazione on line. Per il turista sanzioni in arrivo. E il reato di danneggiamento di opere d'arte le prevede pesanti.
IL FATTO
Le austriache terga di un viaggiatore in visita con un gruppo di 9 persone si posano sulla fragilissima statua in gesso della sorella di Napoleone, ritratta da Canova come Venere Vincitrice, venerdì 31 luglio alle 12,23. La telecamera riprende il gruppo vicino al capolavoro e l'uomo che si appoggia alle gambe della statua per una foto ricordo. A quel punto, quando due dita del piede di Paolina si staccano, il visitatore, consapevole del danno causato, si allontana in fretta cercando di non dare nell'occhio. Una manciata ancora di minuti e lo staff scende nel salone a controllare l'accaduto. La telecamera è fissa sulla statua: Paolina è mutilata e il turista si è già allontanato. «Si tratta di un danno incalcolabile - spiega la nuova direttrice Moira Mascotto - Subito è stata dichiarata la situazione di emergenza: dopo i rilievi effettuati dai Carabinieri della Stazione di Pieve del Grappa, abbiamo lavorato di concerto con la nostra Soprintendenza e il Restauratore per mettere l'opera e i frammenti rinvenuti in sicurezza. In tal senso, nelle prossime settimane proseguiremo nel dialogo con le Istituzioni per il futuro intervento di restauro». Ora i frammenti sono stati spostati in un luogo sicuro in attesa di indicazioni su tempi e costi del restauro. «Irresponsabili: non ho altro termine per definire queste persone. Se ognuno sentisse il patrimonio artistico come cosa propria non potrebbe mai pensare di comportarsi così. Non si tratta solo di buonsenso, ma di amore per la bellezza, un concetto etico pi che estetico» si dispera la direttrice, eletta da pochi giorni e già con una grana non indifferente da affrontare.
LA SICUREZZA
Perché quanto avvenuto, se non proprio una novità nella letteratura museale (si ricordi lo sfregio della Pietà di Michelangelo a Roma) pone un tema di sicurezza interna relativo all'uso di teche protettive per tutelare i cimeli canoviani. Forse un po' doveva aspettarselo, Paolina Borghese Bonaparte. Già recitare il ruolo della sorella di Napoleone era un po' come andare sulle montagne russe. E che con gli Austriaci non fosse esattamente rose e fiori era cosa risaputa. Ci mancava la damnatio memoriae con un gesto di cafona noncuranza. «Ai visitatori lo ripetiamo ogni volta. Ci troviamo in una gipsoteca, immersi in statue di gesso, fragili per definizione - si raccomanda Mascotto È fondamentale la cura e l'amore per questa precaria bellezza». La scultura, che all'epoca suscitò scandalo per la sua audacia, doveva ritrarre la bellezza spregiudicata di Paolina. Non fu il fratello imperatore a pagare il cadeau, concluso nel 1809 da Canova, ma il marito Camillo Borghese, corrispondendo la non disprezzabile somma di 6 mila scudi. Trasportata poi da Torino a Roma nella villa di Campo Marzio dopo la caduta del Bonaparte, venne rimossa e chiusa in una cassa dal principe Borghese. Anche Paolina era d'accordo. «Camillo, vorrei pregarvi di farmi un piacere - gli scrive nel 1820 - So che talvolta consentite a qualcuno di vedere la mia statua di marmo. Sarei lieta che questo non accadesse più, perché la nudità della scultura sfiora l'indecenza. È stata creata per il vostro piacere, ora non è più così, ed è giusto che rimanga nascosta agli sguardi altrui». Neppure due secoli e il gesso di Paolina, prototipo da cui venne sviluppata la scultura in marmo, da oscuro oggetto del desiderio diventa una panca.
Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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