Le zone d'ombra della ricostruzione sul rapporto diretto tra gli 007 e Barr

Giovedì 24 Ottobre 2019
IL RETROSCENA
ROMA Para il colpo, il premier Conte, si trincera dietro i poteri che gli sono stati conferiti dalla legge, ma non tutto nella vicenda Barr-Russiagate viene chiarito. E probabilmente non lo sarà mai, perché gli interrogativi che restano sono principalmente di opportunità politica. La domanda che continua a circolare è come mai il presidente del Consiglio abbia messo a disposizione di un ministro americano i nostri 007, e perché lo abbia fatto senza comunicarlo ai componenti di governo che, forse, avrebbero dovuto saperlo.
LA LEGGE
Nella conferenza stampa che è seguita all'audizione di ieri, il premier non è entrato nel merito delle dichiarazioni rese al Comitato. «Quelle sono top secret», ha spiegato. Ma ha tirato in ballo due aspetti che sono corretti dal punto di vista tecnico, un po' meno da quello politico. La legge numero 124 del 3 agosto del 2007 che disciplina il sistema di informazione e di sicurezza della Repubblica dà ampio potere al presidente del Consiglio, ma non prevede in alcun modo una collaborazione dei servizi segreti con il livello politico di un governo straniero. Ed è proprio su quello che i membri del Copasir hanno insistito.
La seduta, comunque, si è svolta in un clima disteso. E anche chi non ha avuto soddisfazione fino in fondo, probabilmente ha ritenuto sufficientemente esaustive le risposte del premier.
E fin qui la parte italiana. Quello che, invece, ancora potrebbe riservare qualche sorpresa è il contenuto della relazione del ministro della Giustizia William Barr sul Russiagate, che verrà reso pubblico a breve. L'attorney Usa si è recato a Roma dove ha visto i direttori dei nostri apparati di sicurezza, ma è stato altrettanto pressante con l'Inghilterra e l'Australia, sospettate, come l'Italia, di una complicità nello scandalo. Per Conte i nostri servizi segreti sono risultati totalmente estranei alla congiura contro il presidente Usa, ma è proprio questo quello che Barr ha scritto nella sua relazione? Esistono dei report che certificano una presunta attività di indagine sui precedenti governi italiani?
In queste settimane, in più occasioni dagli Usa sono arrivate accuse incontrollate e sempre smentite sull'operato della nostra intelligence. E sempre ieri, il premier ha tenuto a sottolineare che non ha avuto alcun rapporto diretto con Barr, che non lo ha visto personalmente, e che le richieste ufficiali di informazioni sono arrivate a giugno, cioè quando ancora il governo era in carica e non si pensava a una crisi imminente. In ogni caso il fatto che il ministro della giustizia statunitense abbia incontrato i nostri 007 e non il suo omologo italiano, non rappresenta un'anomalia, in quanto è anche il capo dell'Fbi e quindi responsabile dell'intelligence americana.
NESSUNA MINACCIA
È pur vero, però, che gli incontri avvenuti nella sede dei servizi di piazza Dante a Roma, non vertevano su una questione di interesse nazionale, come una minaccia terroristica o di sicurezza, bensì su un fatto politico. L'autorizzazione agli incontri che Conte ha concesso, ha tirato dentro l'Italia in una dinamica tutta americana, proprio nel momento in cui pende una richiesta di impeachment per Trump. Washington ha sperato come sempre in una collaborazione dagli alleati storici per riuscire a smontare il rapporto Mueller. A questo punto, il caso forse sarà chiuso, ma resta il dubbio che siano stati travalicati i compiti istituzionali della nostra intelligence.
Cristiana Mangani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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