L'OPERAZIONE
VENEZIA Erano in piena attività ai tempi di Maniero. E avevano

Mercoledì 1 Dicembre 2021
L'OPERAZIONE
VENEZIA Erano in piena attività ai tempi di Maniero. E avevano ripreso i loro affari appena scarcerati, magari in licenza premio. «Un po' invecchiati, ma sempre molto pericolosi» ha sottolineato il procuratore della repubblica di Venezia, Bruno Cherchi. Pronti ad organizzare rapine, a gestire lo smercio della droga, a reclutare nuove leve e a pianificare vendette, a imporre il loro stile mafioso al Tronchetto, l'isola-terminal di Venezia, tra richieste di pizzo e infiltrazioni nel ricco settore del traffico acqueo. Ecco la banda sgominata ieri dal Ros con una raffica di arresti. Un ritorno sulla breccia di chi, probabilmente, non aveva mai smesso. Ora colpito al cuore. In tutto sono 39 le misure cautelari eseguite ieri dai carabinieri, in applicazione dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, Barbara Lanceri: 25 custodie in carcere, 7 ai domiciliari, 7 obblighi di firma. Il risultato di un'indagine portata avanti per anni dalla Direzione distrettuale antimafia, coordinata dal sostituto procuratore Giovanni Zorzi, che ha iscritto sul registro degli indagati una sessantina di persone. Tra i reati contestati, a vario titolo, agli interessati l'associazione per delinquere, la detenzione e il porto di armi da fuoco, lo spaccio di stupefacenti, l'estorsione, la rapina, l'usura, in vari casi con all'aggravante del metodo mafioso.
RADICI LONTANE
Ieri in Procura la soddisfazione di inquirenti e investigatori era palpabile. A sintetizzare i risultati di un'indagine tanto lunga e complessa, a fianco di Cherchi, c'erano anche il vicecomandante dei Ros, Gianluca Valerio, arrivato per l'occasione da Roma, e il comandante provinciale dei carabinieri di Venezia, Mosè De Lucchi. «Siamo giunti a un punto fermo - ha ribadito Cherchi -: è stata individuata un'organizzazione che aveva le sue radici in epoca lontana, quella della Mala del Brenta di Felice Maniero». In uomini, in particolare, legati alla cosiddetta banda dei Mestrini, a suo tempo condannati e incarcerati per scontare le pene. Poi, con le prime scarcerazioni, dal 2015, la ripresa delle attività.
È stato il fiuto dei vecchi investigatori a non perderli d'occhio, a sospettare qualcosa. «L'indagine è nata da queste intuizioni - ha sottolineato Valerio - I soggetti rientrati sul territorio sono stati messi sotto controllo. Intercettazioni, osservazioni e pedinamenti ci hanno permesso di documentare che avevano ripreso i contatti per immergersi nuovamente nei traffici illeciti della loro precedente esperienza».
I CAPI E LE DONNE
Al vertice della banda, nella ricostruzione degli inquirenti, un terzetto ben assortito con una vecchia guardia come Gilberto Boatto, l'uomo che teneva i contatti tra vecchi e nuovi e che sconta l'ergastolo in regime di semilibertà; un rampante come Loris Trabujo, con la sua società di trasporti acquei al Tronchetto; un esperto come Paolo Pattarello, più dedito allo smercio della droga. Tra gli indagati, anche l'avvocata storica di Boatto, la padovana Evita Dalla Riccia, accusata di aver tenuto in rapporto i tre capi per i loro affari. In generale, numerose le donne indagate. Una novità sottolineata ieri sia da Cherchi che da Valerio. «Nella vecchia Mala del Brenta, dedita più a reati violenti, non si era mai vista questa partecipazione» ha ricordato il procuratore. Qui invece le donne sono «validissime alleate - ha aggiunto il vicecomandante del Ros - per una serie di intestazioni fittizie e attività connesse alla schermatura di attività commerciali».
PIZZO AL TRONCHETTO
Valerio ha sottolineato, più in generale, gli «interessi del gruppo nel trasporto acqueo dei turisti e in varie altre attività commerciali, per un patrimonio criminale di almeno un milione di euro». In quest'ambito anche le numerose estorsioni, in particolare ad operatori che avevano le barche al Tronchetto. Qui c'è chi era arrivato a pagare un pizzo anche di 6mila euro al mese. Tra le persone che la banda voleva ricattare, lo stesso presidente di Alilaguna, Fabio Sacco. Proposito poi non realizzato. Ma il sospetto degli inquirenti è che altri possano aver subito pressioni e abbiano taciuto per paura. Di qui l'appello del comandante De Lucchi: «Invitiamo chi si ritenga vittima di estorsione a presentarsi nelle stazioni dei carabinieri a denunciare i fatti».
Roberta Brunetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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