L'Europa cerca l'accordo ma è duello sui Covid-bond E Bce triplica gli acquisti

Mercoledì 8 Aprile 2020
IL SUMMIT
BRUXELLES Lunga e tesa trattativa tra i ministri finanziari dell'Eurozona per la risposta europea alla crisi sanitaria ed economica oltre alle misure messe in campo da Bce e governi nazionali. La videoriunione dell'Eurogruppo, alla quale hanno partecipato anche i ministri dell'area non euro, si è protratta fino ad ora tarda. Una lunga discussione cominciata nel cuore del pomeriggio, poi interrotta per un paio d'ore per permettere agli sherpa di ritessere la tela, infine ripresa a livello ministeriale. Poi conversazioni bilaterali, a gruppi. Lo scoglio è sempre lo stesso: la creazione di un fondo per il rilancio dell'economia finanziato da un'emissione obbligazionaria comune tra gli Stati, titoli con scadenza 10-20 anni. La proposta è francese, ma è «figlia» della lettera che a fine marzo avevano sottoscritto 9 capi di stato e di governo, tra cui Italia, Francia e Spagna, sostenuta dai paesi del sud, dall'Irlanda, che un tempo faceva parte del fronte dei puri e duri sul fronte dei bilanci pubblici, sostenuta dai paesi baltici, Cipro, Malta, Slovacchia interessata. Insomma, un fronte ragguardevole. Contrari Germania, Finlandia, Austria, Olanda. Il francese Le Maire spiega che i ministri possono limitarsi a indicare questa prospettiva come un impegno a tutti gli effetti purché chiaro, e poi passare la palla ai capi di Stato e di governo. Prendendosi 2-3 mesi per definire i dettagli. La Germania vuole rinviare il tema a quando si uscirà dalla crisi sanitaria. Gli altri del fronte del no, dicono no e basta.
LA POTENZA MOLTIPLICATA
L'importanza economica e politica della scelta è massima. Da un lato moltiplicherebbe la potenza delle munizioni finanziarie della Ue: non sono state fatte cifre, ma si è parlato di mille miliardi. Dall'altro lato sono chiare le implicazioni strategiche dell'emissione di bond garantiti dagli stati (in solido o separatamente in relazione al peso del prodotto annuo di ciascun paese sono entrambe ipotesi sul tavolo): condividere il rischio finanziario nel primo caso o solo i costi del finanziamento sul mercato nel secondo, è una scelta mai fatta finora. Rompe un tabù. Il ministro delle finanze tedesche Scholz ha annunciato il suo sì ai tre «pilastri» neppure richiamando il quarto. I tre pilastri sono: il nuovo piano della Banca europea degli investimenti per 200 miliardi alle imprese; il piano della Commissione per sostenere le casse integrazioni nazionali con 100 miliardi; il ruolo del Meccanismo europeo di stabilità con 240 dei 410 miliardi disponibili per prestiti agli Stati a condizionalità light. L'intesa su questi tre strumenti c'è. La somma totale è ragguardevole: quasi 600 miliardi. Si aggiungano le manovre Bce con i 750 miliardi per acquisti di titoli pubblici e privati. Proprio ieri la Bce ha preso altre misure senza precedenti allentando le garanzie per le operazioni di finanziamento. Sono state facilitate le condizioni alle quali i crediti delle banche sono accettati dalla Banca centrale come garanzia; abbassata la tolleranza al rischio accettando crediti di qualità inferiore e in valuta estera; ridotti del 20% gli scarti di garanzia per la valutazione del collaterale delle banche; portata da 25 mila euro a ero la soglia minima dei prestiti bancari forniti a garanzia per facilitare il collaterale da prestiti alle piccole imprese; saranno accettati i titoli sovrani greci come collaterale (altro segno dei tempi). E poi la preparazione di uno scudo per mitigare gli effetti sulla disponibilità di collaterale che possono derivare dal peggioramento dei rating.
Il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno ha subito indicato che «occorre un piano di rilancio coordinato e di grande ampiezza, non si tratta solo di sopravvivere al virus, ma di permettere alle economie di riprendersi. Non sono tempi per politiche business as usual». E la ministra spagnola Nadia Calvino: «Si chiamino eurobond o coronabond, che sia un meccanismo dentro o fuori ciò che già esiste nella Ue, è secondario, importante è andare uniti sui mercati finanziari per garantire la ripresa». L'Italia è da tempo schierata a sostegno di un'emissione di debito comune. È uno dei paesi più interessati a questa mossa sia perché tra i più colpiti dalla crisi sia perché ha un debito pubblico molto elevato destinato a superare il 150% del Pil. Ma proprio questo è uno dei motivi della diffidenza dei nordici. Il ministro Gualtieri non ha dato pubblicità alla proposta italiana che pure aveva annunciato nei giorni scorsi. Ha sempre ribadito il rifiuto di qualsiasi condizionalità ai prestiti del Mes (l'Italia potrebbe fare affidamento su 39 miliardi). Il M5S non vuole sentir parlare neppure di condizionalità light. Tuttavia, a fronte di un impegno a definire la creazione di un fondo per la ripresa finanziato da un bond comune, la posizione italiana cambierebbe, indicano a Bruxelles.
Antonio Pollio Salimbeni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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