Johnson tratta con Juncker L'ipotesi: regole Ue a Belfast

Sabato 14 Settembre 2019
IL NEGOZIATO
LONDRA Tira quasi una vaga aria di pragmatismo, a Londra. Lunedì il premier Boris Johnson, dopo aver tanto temporeggiato, si siederà finalmente a un tavolo per un «pranzo di lavoro» con il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e con il negoziatore capo Michel Barnier in quello che sarà il loro primo incontro da quando l'ex sindaco di Londra è entrato a Downing Street a fine luglio.
IL VERTICE
Scartata la capitale europea come luogo del vertice, «di comune accordo hanno scelto di vedersi a Lussemburgo», un territorio più neutrale, secondo la Commissione. «Sono cautamente ottimista su un accordo sulla Brexit», ha detto Johnson a Rotherham, aggiungendo che esiste «una bozza sommaria di accordo da raggiungere con Bruxelles», ma che ad ogni modo «non si farà distogliere da nessuno dall'uscire il 31 ottobre» dall'Unione europea, anche a costo di un no deal che lo stesso rapporto del governo Yellowhammer', letteralmente Zigolo giallo', descrive in termini apocalittici, tra penuria di medicinali e problemi nella fornitura di generi alimentari.
Sulla possibilità che lunedì sia il giorno della svolta sono stati ancora più cauti sia l'esecutivo europeo che Downing Street, oltre allo stesso Barnier che giovedì scorso ha detto di non vedere ragioni di ottimismo. ma a gettare acqua sul fuoco è stato soprattutto il premier irlandese Leo Varadkar, il quale ha fatto presente come sul dossier della clausola di salvaguardia dell'Irlanda del Nord il divario rimane «molto ampio», precisando che le proposte che circolano «lasciano molto, molto a desiderare».
Secondo quanto trapelato in questi giorni, l'ipotesi allo studio è quello di un allineamento normativo tra Dublino e Belfast, introducendo dei controlli alla frontiera marittima tra la Gran Bretagna e l'Irlanda del Nord, parte del Regno Unito. Si tratta di un ritorno a una delle prime ipotesi allo studio, che però era stata respinta con sdegno dalla leader degli unionisti irlandesi del DUP, Arlene Foster, a cui la ex premier Theresa May doveva appoggiarsi per avere una maggioranza in parlamento. Ma ora che il governo comunque non ha una maggioranza, Johnson è meno soggetto ai ricatti.
E la Foster, che sa di non potersi permettere un no deal catastrofico per l'Irlanda del Nord sia da un punto di vista economico che geopolitico, ha ammorbidito il tono delle sue critiche, parlando di «assurdità» e aggiungendo: «Il Regno Unito - ha detto - deve uscire dall'Ue come un'unica nazione, noi non sosterremo alcuna soluzione che crei barriere o differenziazioni» fra Irlanda del Nord e Gran Bretagna.
LA TENSIONE
Le evoluzioni sul fronte europeo non aiutano a sciogliere la tensione sulla scena politica interna, a pochi giorni dall'inizio della lunghissima sospensione del Parlamento voluta da Johnson e a pochissimo dalle convention dei partiti, dove il dibattito si preannuncia possibilmente ancora più acceso che nella camera dei Comuni, tanto che qualunque proposta sull'Irlanda verrà formalizzata solo dopo l'appuntamento dei Tories a Manchester a inizio ottobre.
Lo speaker dimissionario della Camera, John Bercow, ha invitato alla «ulteriore creatività procedurale» nella ricerca di soluzioni qualora il premier decidesse di ignorare la legge che lo obbliga a chiedere un rinvio della Brexit qualora non ci fosse nessun accordo prima del 19 ottobre. «L'idea di non obbedire alla legge non può andare da nessuna parte», ha precisato, aggiungendo che darebbe «un esempio terribile al resto della società». Bercow, eletto dieci anni fa come Tory ma considerato poco affidabile dal suo partito di provenienza e decisamente esplicito nella sua difesa del remain', ha annunciato che lascerà il suo posto entro il 31 ottobre, data della Brexit. Verrà sostituito il 4 novembre.
Cri. Mar.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci