IL RETROSCENA
ROMA L'istituto della decadenza per gravi contrasti di un cda,

Lunedì 20 Maggio 2019
IL RETROSCENA
ROMA L'istituto della decadenza per gravi contrasti di un cda, previsto dal codice, non dovrebbe valere per l'attuale maggioranza e per il suo cdm. Ma il premier-avvocato Giuseppe Conte vorrebbe tentare di convocare per stasera - magari in notturna - un Consiglio dei ministri proprio per evitare equivoci. I segnali non sono però buoni anche se per il primo pomeriggio di oggi è previsto un nuovo pre-consiglio.
LA SOTTRAZIONE
Evaporato il contratto di governo - e con un cdm che potrebbe alla fine riunirsi solo per varare due nomine e impugnare un paio di legge regionali - restano due leader, Di Maio e Salvini, impegnati ormai da settimane in una lunghissima campagna elettorale che ha ingessato l'esecutivo. Fermo palazzo Chigi e ferme le Camere che hanno messo in stand by anche il decreto crescita e lo sblocca cantieri. Poichè è ormai tutto campagna elettorale, lo sono anche altri due possibili decreti che sono motivo dell'ultima zuffa tra i due vicepremier. Anche ieri Salvini ha infatti insistito sul varo del decreto sicurezza-bis sostenendo che avrebbe ancor più scoraggiato la Sea Watch a raccogliere migranti nelle acque libiche. Il testo messo a punto dal Viminale, oltre a sollevare dubbi di costituzionalità, non convince Conte e non piace proprio al M5S che ne contesta l'intera struttura e soprattutto la sottrazione al ministero di Toninelli di alcune competenze. Per ritorsione analogo destino segna il presunto decreto famiglia, composto da un solo articolo, attraverso il quale Di Maio vorrebbe devolvere i risparmi del reddito di cittadinanza a sgravi per nidi e pannolini.
Due bandierine che i due vicepremier vorrebbero quantomeno poter sventolare al consiglio dei ministri serale anche a costo di non vedere licenziati i due provvedimenti. Conte, pur di evitare la fine dell'esecutivo per gravi contrasti, sarebbe anche disposto a concedere ai suoi due vice il palcoscenico di palazzo Chigi, ma a patto che i due non arrivino alle mani ad uso delle contrapposte tifoserie. I segnali di una sorta di tregua - magari solo di un paio d'ore - ieri sera ancora non c'erano anche se il presidente del Consiglio ha risolto la questione della cinquantina di migranti, ancorati sulla Sea Watch a largo di Lampedusa, lavorando di sponda con tutte e due i vicepremier.
Di Maio già il giorno prima si era rimesso al premier subordinando la discesa a terra dei migranti alla conoscenza di coloro che li avrebbero accolti. La disponibilità delle chiese evangeliche, avanzata dal pastore Luca Negro, ha convinto Di Maio e fatto chiudere un occhio a Salvini che però pubblicamente ha continuato ad attaccare la magistratura che ha disposto il sequestro della nave, ha fatto scendere i migranti e che è la stessa che di recente ha aperto più di una inchiesta su amministratori leghisti. Di fatto tutti e tre, Conte, Di Maio e Salvini, hanno contribuito alla soluzione, ma tutti hanno evitato di metterci la faccia, lasciando ai pm il compito di risolvere la faccenda.
IL CERINO
Ieri Salvini ha anche dovuto prendere atto che nella svolta moderata, responsabile e quasi-europeista dell'alleato, avviata dopo la sconfitta in Abruzzo, non è contemplato il tema giustizia sul quale il M5S non intende fare sconti. Di Maio si è infatti detto pronto a chiedere le dimissioni del viceministro Rixi se condannato a seguito dell'inchiesta sull'uso di alcuni fondi regionali. Il leader grillino se la prende anche con «questa strana urgenza sull'Autonomia» del Carroccio che gli sembra «un modo per nascondere una serie di scandali di corruzione che hanno coinvolto anche la Lega».
Di fatto volano gli stracci su ogni argomento anche se tutti e due i vicepremier sostengono che dopo il 26 maggio «il governo va avanti». Una certezza che, passando i giorni, rischia di trasformarsi in un pericoloso gioco del cerino che potrebbe però scottare tutti e due qualora dalle urne non uscissero percentuali in grado di soddisfare l'attesa leghista per un grande balzo - oltre il trenta per cento - e la speranza grillina di non finire sotto il Pd.
Unico tema sul quale ieri i due vicepremier si sono ritrovati è stata le replica da dare alla lettera di esperti del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite anche se i toni restano diversi e la soluzione affidata al ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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