IL PUNTO
VENEZIA Da ieri il Veneto è in fascia rossa per i ricoveri in area

Giovedì 26 Novembre 2020
IL PUNTO
VENEZIA Da ieri il Veneto è in fascia rossa per i ricoveri in area non critica. Con il superamento dei 2.500 degenti nei reparti di Malattie infettive e Pneumologia, è scattato il quinto e ultimo livello di allerta negli ospedali, tanto che oggi verrà presentata la riorganizzazione degli spazi sanitari su base provinciale: per questa fase, infatti, il Piano emergenza autunno prevede di intervenire pure sugli hub, cioè sulle grandi strutture come l'Angelo a Mestre o il Ca' Foncello a Treviso, utilizzando i posti letto anche a coorte (cioè mettendo più pazienti Covid nella stessa stanza), preservando solo l'attività di emergenza e sospendendo quella ordinaria. Non è ancora finita, dunque, anzi tutt'altro: «La stagione osserva il governatore Luca Zaia non porta bene. Questa è una variante dell'influenza per cui non abbiamo il vaccino. Immagino che fino ad aprile non la sfangheremo. Andremo sulle montagne russe, diventerà familiare la gestione di questi flussi. Ma la speranza è solo nel vaccino e nella bella stagione».
NELLE ULSS
Nel complesso ieri pomeriggio sono stati raggiunti i 2.549 ricoverati in area non critica, mentre le Terapie intensive ne hanno contati 319 (e dunque fino a 400 sono ancora in fascia arancione). La situazione è comunque diversificata nelle varie Ulss, ciascuna delle quali ha la propria asticella. Belluno e Treviso sono in fase 5 per le Malattie infettive e la Pneumologia e in 4 nelle Terapie intensive, così come Vicenza e Verona, dove i dati sono ancora più marcati; Padova è in 4 per entrambe le categorie, come Venezia, che però sta per arrivare alla 5 in area non critica. Rovigo è quella messa meglio: è appena entrata in 4 per l'una ed è in 3 per l'altra. «Questo livello regionale di allerta ospedaliera è molto ampio sottolinea Zaia perché va da 2.500 a 6.000 ricoverati. Il salto è talmente grande che ci debbono essere dei passaggi graduali, per questo da dieci giorni stiamo lavorando a un progetto a gradini con cui rivedremo l'organizzazione degli spazi. Quanto al personale, stiamo andando avanti con assunzioni e concorsi, ma la coperta è corta. Molti addetti sono precari, di cooperative o di enti che hanno condizioni contrattuali diverse dalle nostre».
LA DIDATTICA
Sempre ieri è ripreso il confronto tra la Regione e i gestori del trasporto pubblico locale in vista della possibile ripresa delle attività didattiche in presenza anche alle superiori. «Sentiamo dire punge Zaia che si vorrebbe riaprire la scuola il 9 dicembre. È una leggenda metropolitana? Non so. Qualcuno ce lo dica. Per le Regioni c'è il problema dei trasporti, che coinvolge la scuola, la sanità, la protezione civile. Vorremmo capire cosa succede con il decreto del 3 dicembre: abbiamo delle responsabilità e non possiamo rimetterci alla conferenza stampa o alla diretta Facebook di quella sera. Primo, la scuola in presenza è doverosa e importante. Secondo, la scuola è competenza nazionale. Terzo, la chiusura è stata decretata da un dpcm. Quarto, condivido che sia chiusa in questa fase. Quinto, penso sia sbagliato riaprire il 9 dicembre per richiudere a Natale». Per il Veneto, la ripartenza potrebbe ragionevolmente avvenire all'indomani dell'Epifania. «Concentriamoci su una data, tipo il 7 gennaio dice il governatore per accompagnare il percorso guardando all'andamento dell'infezione. Altrimenti è come la roulette russa, non per i ragazzi ma per la circolazione del virus». Attorno a quell'ipotesi sul calendario, l'assessore Elisa De Berti terminerà oggi il primo giro di incontri con le aziende, con l'obiettivo entro dieci giorni di mettere insieme una proposta, «che poi dipenderà sempre dal dpcm e dai fondi aggiuntivi del Governo», dal momento che quelli finora stanziati sono in via di esaurimento.
LA CAMPAGNA
È stato invece già deciso di organizzare uno screening di massa ad Auronzo, in provincia di Belluno. «Una campagna ci vuole spiega Zaia perché dobbiamo capire cosa sta succedendo. Poi se serve penseremo anche a eventuali micro-chiusure. Come quelle che stiamo già valutando nella Valle dell'Agno, per situazioni circoscritte a certi bar e determinate contrade, mentre i tamponi a tappeto in quella zona del Vicentino potrebbero non essere necessari, in quanto i nuovi dati indicano una tendenza alla diminuzione dei contagi». È stata infine accolta la richiesta dei lavoratori delle mense ospedaliere, che ieri hanno manifestato a Marghera: «Tutti coloro che entrano in ospedale devono fare il test rapido, senza distinzioni di ruolo».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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