Il porto delle nebbie e il ruolo della politica

Sabato 11 Luglio 2020
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(...) gestionali e di rapporti, che chiamano in causa la politica. Il Mose è opera dello Stato, non della Regione nè del Comune - è bene chiarirlo - con la conseguenza che fin qui tutte le teste pensanti sono state nominate da Roma, dai commissari straordinari diventati ordinari per la loro lunga permanenza, al super commissario Elisabetta Spitz, nominata per stare al di sopra dei due commissari rimasti (Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola), ma che ancora non riesce a stagliarsi come figura in grado di dare lo sprint decisivo all'opera.
Consorzio e Mose sono stati finora una cosa sola, anche nella gestione dei milioni e milioni erogati, che col contagocce sono andati all'opera e alle imprese, mentre a getto continuo hanno finanziato il Moloch del Consorzio. Col risultato che la nebbia o la foschia - il caigo lo chiamano in laguna - non si è diradata. Come nel caso, a proposito di soldi, della consulenza da 40mila euro affidata dal super commissario all'archistar Stefano Boeri per disegnare le barriere trasparenti che dovranno circondare la Basilica di San Marco per difenderla dall'acqua alta. O ancora, l'incertezza sulla data di entrata in funzione dell'opera: il premier Conte vorrebbe che il Mose fosse operativo in autunno, per le prime acque alte, mentre il super commissario Spitz ieri dapprima ha detto che ci vorranno 18 mesi (come da cronoprogramma), salvo poi allinearsi col premier per dire che in caso di acque alte eccezionali «già dal prossimo autunno sarà possibile innalzare le paratoie del Mose, anche se l'opera non potrà dirsi completamente finita prima di 18 mesi». Lo stesso provveditore alle Opere pubbliche, Cinzia Zincone è stata tranchant: «Sarà difficile e non scontato rispettare la scadenza del 31 dicembre 2021». Insomma, sui tempi non c'è chiarezza ed è uno dei nodi principali, attorno ai quali si sviluppano i rapporti tra Consorzio da una parte e le due donne di ferro del Mose, Spitz e Zincone. Rapporti complessi, poco chiari, che finiscono per rallentare la macchina, tra imprese in lite con il Cvn, fornitori di servizi bloccati, finanziamenti rallentati sebbene i soldi, dicono, ci siano tutti.
I due commissari attualmente sono sotto istruttoria in prefettura a Roma (l'ente che li ha nominati) per la gestione dei conti e delle consulenze. Con loro Elisabetta Spitz sembra però stentare a far valere i suoi pieni poteri che le derivano dal decreto di nomina, come se esistesse una comfort zone intangibile nel Cvn. Per conoscere le cifre del bilancio e delle consulenze ha dovuto chiedere con una certa insistenza ai due commissari di esibire la carte, come se da super commissario non avesse avuto altro modo per vedere quei documenti. E pure i rapporti e le strategie tra i due commissari sono a corrente alternata. Tante teste, insomma, forse troppe. E forse se ne è reso conto anche lo stesso premier, per il quale far sollevare il Mose in autunno diventa quasi questione d'onore.
In questo contesto, passa certamente in secondo piano una bagatella come quella dell'organizzazione della barca per la stampa nel giorno della grande prova generale, dove con la scusa del rischio Covid i posti erano limitati, ma dove per qualcuno sono stati limitati più che per altri.
Davide Scalzotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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