Il nuovo fronte sulla giustizia può aprire la crisi di governo

Venerdì 24 Maggio 2019
IL RETROSCENA
ROMA A Giuseppe Conte si è rotto il metodo. Eppure, anche se con qualche strattonamento, sino a prima che divampasse la campagna elettorale, il meccanismo aveva funzionato. La regola era che ogni ministro - contratto alla mano - si occupava delle materie relative alla sua delega e non erano ammessi sconfinamenti di altri. Arbitro, del rigoroso rispetto del principio, era il presidente del Consiglio al quale toccava limare qua e là qualche asperità contenuta nei provvedimenti e portare il tutto in Consiglio dei ministri.
LA SORTE
Poi la Lega votava ciò che il M5S predisponeva sulle materie di competenza dei ministri grillini e viceversa. È così, per esempio, che il Carroccio ha piegato la testa sullo spazzacorrotti - bocciando anche la riforma dell'abuso d'ufficio, come ricorda l'azzurro Enrico Costa - e il M5S ha ingoiato a fatica la legittima difesa. Stessa sorte per il decreto crescita che i grillini hanno imposto alla Lega che aveva già incassato il decreto sicurezza, costato al M5S un lungo travaglio interno e autorevoli defezioni di senatori.
Le invasioni di campo sono invece ora quotidiane. L'ultima quella del ministro dell'Interno Matteo Salvini sulla riforma dell'abuso d'ufficio. Un tema di competenza del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede al quale invece la Lega di recente ha anche proposto una sorta di riforma del processo penale tutta made in Bellerio. È sempre più evidente quali siano, al di là del teatrino quotidiano al quale assistiamo da giorni, i due temi sui quali la maggioranza e il governo rischiano di entrare in crisi. Uno è lo spread e la critica situazione dei conti pubblici. L'altro è quello che Salvini pochi giorni fa ha definito «lo snodo fondamentale»: la riforma del processo penale. A tutti gli effetti il tema della giustizia torna ad essere brandito come una clava. Salvini si sente sotto assedio dalle procure e prova a reagire non avendo nè i sensori che hanno i Cinquestelle tra le toghe, nè la resistenza di Berlusconi. Un intreccio tra minacce di riforme, accuse, processi in corso e possibili tensioni sui mercati che rischia di riproporre lo scenario del 2011. Non a caso ieri è intervenuto lo stesso Conte che ha in sostanza appoggiato l'idea di Salvini di modifica dell'abuso di ufficio da inserire, per l'appunto, nella riforma del processo penale. Ma gli argomenti per nuove tensioni non mancano. Il mese prossimo alla Camera si discuterà di conflitto di interessi e della responsabilità delle toghe per ingiusta detenzione.
Una contrapposizione tra M5S e Lega che rispolvera i fasti di una mai sopita contrapposizione. Con il leader grillino Di Maio costretto a smettere per qualche ora la versione moderata per tornare a rispolverare alcuni principi giuridici grillini - che fanno spesso a pugni con la Costituzione - e attaccare l'alleato al quale fa l'elenco delle inchieste che lo riguardano. «Salvini - dice Di Maio - parla da leader di una forza politica che ha un sindaco arrestato per corruzione (a Legnano, ndr), un senatore indagato per corruzione che è Siri e un presidente della Regione indagato per abuso d'ufficio» che è Fontana. Stavolta il ministro grillino si è però dimenticato di citare il processo che vede coinvolto il viceministro dei Trasporti Edoardo Rixi e che il 30 dovrebbe andare a sentenza. Di Maio ha già chiesto le dimissioni dell'esponente leghista in caso di condanna anche perché con Rixi il Movimento ha un conto aperto che va dalla Tav agli emendamenti al decreto sblocca-cantieri.
Ma la battaglia di fine-mondo sarà sul governatore della Lombardia. Infatti un eventuale assalto politico-giudiziario ad Attilio Fontana rischia infatti di scatenare il Nord leghista che da tempo spinge Salvini per rompere con il M5S. Conte ne è consapevole e modificare l'abuso di ufficio per salvare Fontana significa, dopotutto, salvare il governo. Altro che «str...»!.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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