Il braccio di ferro sulle riaperture Aziende, tre fasce

Giovedì 9 Aprile 2020
LA GIORNATA
ROMA Ieri in tutt'Italia sono stati effettuati oltre 50.000 tamponi antivirus, quasi il doppio della media degli ultimi giorni. Ma il numero dei casi complessivi (comprensivo di guariti e deceduti) è salito di sole 3.000 unità, In pratica è risultato positivo un tampone ogni 15 mentre il 30 marzo il risultato era stato di un caso di positività ogni 5 tamponi. Un altro mondo.
Questo paragone più di ogni altro testimonia del rallentamento della forza di espansione del virus. Che resta insidioso e feroce ma che ogni giorno di più stiamo imparando a dominare.
Che la febbre epidemica abbia imboccato la discesa non lo nega più nessuno. Di qui la più classica della domande: quando avviare la riapertura del Paese? Prima della diffusione dei dati la Confindustria ha avviato il pressing per chiedere al governo - in condizioni di sicurezza - di aprire la cosiddetta Fase Due nel Nord. La preoccupazione degli industriali di Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia è evidente: ogni giorno che passa la condizione economica delle aziende chiuse si aggrava a causa dei costi fissi incomprimibili, si perdono fornitori e commesse, si rischia di uscire dalle catene internazionali del valore che con l'export hanno tenuto in piedi il Paese negli ultimi anni. Di qui un appello accorato al premier per una ripaetura sicura e ordinata. «Se le quattro principali regioni del Nord che rappresentano il 45% del Pil italiano non riusciranno a ripartire nel breve periodo - avvertono Enrico Carraro (Veneto) e i presidenti delle associazioni di Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia - il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore».
I PIANI AZIENDALI
Il governo deciderà il da farsi nei prossimi giorni anche se già fin d'ora è chiaro che non ci sarà il liberi tutti improvviso; non si tornerà a correre nei parchi; non apriranno negozi, bar e ristoranti. A tutto ciò il governo penserà nelle prossime settimane anche sulla base di una mappa che l'Inail sta predisponendo, con tutte le attività lavorative e il relativo indice di rischio connesso. La mappa prevede tre diversi indici di rischio (basso, medio e alto): a ogni livello dovrebbero corrispondere adeguate misure di protezione e di distanziamento sociale. La ratio è di fornire una serie di misure organizzative per consentire la ripresa delle attività, con particolare attenzione ai lavoratori fragili e alle situazioni dove è richiesta una sorveglianza sanitaria speciale.
Per ora dunque si resta ancora a casa. La certezza è arrivata dalla conferenza stampa delle 18 della Protezione Civile. A questo evento ieri era presente il vicedirettore dell'Oms Ranieri Guerra che è stato chiarissimo: la curva dell'epidemia sta scendendo ma abbandonare le misure di contenimento ora sarebbe «deleterio perché la curva può risalire con nuovi focolai» e questo «vanificherebbe tutti i sacrifici fatti finora. È il momento di serrare le fila». Il che nel linguaggio degli scienziati significa una cosa sola: è troppo presto per riaprire tutto. Anche dall'Ue - che osserva con preoccupazione la virulenza dell'epidemia in Spagna, Olanda e Francia - è arrivato un appello alla prudenza. La commissaria Ue alla Salute, la cipriota Stella Kyriakides, ha telefonato al ministro italiano Roberto Speranza per manifestare i suoi timori. E il ministro l'ha rassicurata. Nel frattempo moltissime imprese stanno mettendo a punto piani di riapertura. Nei giorni scorsi alcune acciaierie hanno iniziato a produrre al 50% delle possibilità. Ieri Ferrari ha reso noto d'aver raggiunto un accordo con i sindacati: si lavorerà in sicurezza e i dipendenti su base volontaria potranno farsi controllare il sangue e avere informazioni su possibili positivi via telefonino.
Diodato Pirone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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