Estorsione a don Bizzotto: spariti 370mila euro

Mercoledì 19 Maggio 2021
Estorsione a don Bizzotto: spariti 370mila euro
L'OPERAZIONE
PADOVA «Ho visto don Albino privarsi del suo piatto per sfamare un povero. È un uomo così buono che per lui è impossibile credere che qualcuno possa mentire sulla propria condizione». È questo quel che raccontavano ieri, a chi chiedeva di lui, i volontari della sede padovana dei Beati costruttori di pace, l'associazione cui Bizzotto ha dedicato tutta la sua vita. Ed è proprio per la sua grande fede, non solo in Dio, ma nella Carità, che don Albino non voleva andare a denunciare quelle persone che, dopo aver già ottenuto 370mila euro, erano passati dalle richieste d'aiuto alle minacce una volta che il sacerdote si era dimesso dal ruolo di vertice dell'ente caritatevole. Minacce e pressioni che avevano fatto sprofondare don Albino Bizzotto in uno stato di ansia che ne stava minando la salute. E che alla fine l'hanno convinto a presentarsi dai finanzieri, spinto anche dai suoi collaboratori e dalla curia.
Sono undici i nomadi che hanno ricevuto una misura cautelare a seguito dell'operazione Ricatti e bugie della guardia di finanza padovana. Alle prime luci dell'alba di ieri più di 70 finanzieri, a conclusione di una delicata indagine coordinata dalla Procura, hanno dato esecuzione nelle province di Padova, Venezia e Vicenza a un'ordinanza nei confronti di un gruppo di sinti residenti nei campi nomadi Cadoneghe, Vigonza, Santa Maria di Sala e Montecchio Maggiore.
I PROTAGONISTI
Per sei di questi - Paola Di Colombi, 25 anni; Revin Casalgrande, 27; Patrik Casalgrande, 35; Brajan Argentini, 22; SonnyArgentini, 31; Alfonso Abbruzzese, 29 - è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per altri quattro - Glenda Casalgrande, 34 anni; Pamela Casalgrande, 46; Priscilla Henik, 36; Elvis Henik, 40 - il divieto di dimora nei comuni della Regione Veneto e l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Maina Di Colombi, 33 anni. Alcuni, come Abbruzzese e Glenda Casalgrande, hanno numerosi precedenti per truffa, in particolare quella dello specchietto, che punta a raggirare ignari automobilisti.
I reati loro contestati sono quelli di circonvenzione di incapace e tentata estorsione ai danni di don Albino Bizzotto. Sono state eseguite anche decine di perquisizioni nei confronti dei soggetti che sono indagati, a vario titolo, anche per atti persecutori e violazione di domicilio.
L'INDAGINE
I militari della compagnia di Cittadella hanno portato alla luce insistenti richieste di denaro da parte degli indagati che sono riusciti a ottenere oltre 370mila euro nell'arco di due anni, in contanti o mediante ricariche di carte prepagate.
A don Albino sono arrivate, tra luglio 2018 e luglio 2020, ben 14mila telefonate, tanto che il sacerdote ha cominciato a soffrire di uno stato di ansia. Gli indagati dicevano di aver bisogno di soldi per disgrazie familiari, incidenti, problemi giudiziari e muovevano a compassione il sacerdote. Poi, quando il prete ha abbandonato il proprio ruolo nell'ente caritatevole, gli indagati hanno cominciato a minacciarlo, gli dicevano che si sarebbero fatti del male se non li avesse aiutati. «Se non mi dai 100 euro per il treno mi ammazzo» assicuravano al telefono. Ma lui non ne aveva più la possibilità. È stato a quel punto che don Albino si è rivolto alle forze dell'ordine, facendo scattare le indagini.
IL VESCOVO
Il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, ha approfittato dell'episodio per lanciare l'allarme: «Sappiamo che l'ambito della carità è preso di mira da persone malintenzionate. Siamo vigili verso situazioni di truffe operate a danno di sacerdoti e abbiamo avviato un intenso lavoro di collaborazione con la Guardia di Finanza, anche attraverso incontri di formazione specifici con i sacerdoti. Fondamentale è anche la necessità della trasparenza nella rendicontazione economica di soldi che sono della comunità e non personali».
Marina Lucchin
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