Basilica assediata dalle maree, i conti del disastro: 4 milioni di danni

Sabato 14 Dicembre 2019
IL BILANCIO
VENEZIA Ci sono volte in cui più delle parole servono i numeri. Sono quelle in cui la cronaca si piega alla necessità di dare le dimensioni reali di un disastro dal conto di quasi 4 milioni.
GLI ALLAGAMENTI
Nell'ultimo mese di novembre - storicamente il più difficile per Venezia - la Basilica di San Marco è stata allagata due volte al giorno (secondo i cicli di marea, ndr) per 22 giorni su 30. Nelle due settimane centrali - culminate la sera del 12 novembre con i 187 centimetri sul medio mare (che vogliono dire più di un metro d'acqua in Basilica) della notte più buia fatta di venti a cento all'ora di scirocco, libeccio e bora e di una marea in cui San Marco era stata morsa al cuore - l'acqua salata in Basilica era una costante continua.
Alla fine, a un mese di distanza e preventivi alla mano, i disastri assumono la forma dei conti: quasi quattro milioni. La divisione delle spese resta un esercizio di ragioneria.
LE SPESE
Poco più di tre milioni di danni (che poi sono preventivi di restauro) sono quelli dovuti all'acqua alta che ha invaso la Basilica e la cripta. Per arrivare alla cifra finale presentata ieri dall'architetto Mario Piana, proto della Basilica di San Marco, si calcolano le indagini e le analisi (139mila euro), gli interventi urgenti (quasi 2,5 milioni di euro) e gli interventi alla voce limitazioni delle invasioni mareali (470mila euro), ovvero i progetti futuri e futuribili messi in cantiere dalla Procuratoria di San Marco per proteggere l'interno della cattedrale dalle maree eccezionali. A questi tre milioni vanno aggiunti altri 841 mila euro per i danni alle coperture e alle cupole causati dal vento nella notte tra il 12 e il 13 novembre con i danneggiamenti a parecchie lastre di copertura, una delle quali caduta a terra. Nella notte della seconda Aqua Granda di sempre, anche la rottura di una delle banderuole che segnano le cupole della Basilica.
All'interno del calderone dell'eredità lasciata dalle acque alte, la Procuratoria ha inserito anche il milione speso per cercare di tamponare i danni dei 156 centimetri registrati il 29 ottobre 2018, facendo così salire il conto finale a poco meno di cinque milioni da spendere per un evento che nell'ottobre 2018 si pensava eccezionale, ma che poco più di un anno dopo si è ripresentato più aggressivo.
I DANNI
La grande paura è che i livelli tenuti tra il 12 e il 17 novembre possano diventare la normalità. I 187 centimetri avevano salvato solo il presbiterio, rialzato. Completamente a mollo, la cripta (che si trova 20 centimetri sotto il livello del mare) con l'acqua entrata dalle finestre del lato dal rio della Canonica, sulla parte posteriore di San Marco. «I danni subiti non si manifestano subito, ma si mostrano nel tempo - ha spiegato l'architetto Piana - È come una dose massiccia di radiazioni su un corpo umano: all'inizio non si vede nulla, ma poi. Il fatto che capiti spesso aumenta il problema». Tutto ruota attorno al sale che si deposita e dopo l'evaporazione e il ritiro dell'acqua, aggredisce le malte facendo sollevare le tessere dei mosaici e corrodendo gran parte delle oltre cento varietà di pietre da tutto il mondo utilizzate per costruire San Marco. «Nell'ultimo anno - ha aggiunto il proto piana - abbiamo effettuato cinque interventi d'urgenza sulle colonne dovuti al mancato mantenimento da parte delle pietre corrose dei martelletti di rame usati nel passato per puntellare le colonne. In alcuni casi, colonne che sembravano in buono stato, all'interno erano vuote, come mangiate all'interno».
Un'erosione naturale, che va avanti da secoli e da secoli, ogni acqua alta, mangia, leviga e distrugge la Basilica. Con gli stipiti dei portoni ormai informi, come i bassirielivi della tomba Morosini. O con i basamenti e i capitelli delle colonne del nartece ormai lontani dal decoro originale. «Ci sono concentrazioni saline nei mosaici interni che hanno portato al rigonfiamento della pavimentazione e al distacco di alcune tessere - ha spiegato Piana - Tra le aree più danneggiate la navata destra e il mosaico del pavone. Ma un esempio è anche il mosaico di San Michele nel quale si vede il sale uscire dagli spazi tra le tessere. Nel nartece abbiamo restaurato due coppie di colonne alla porta di San Pietro, sollevandole». In quella lotta immane che è la sopravvivenza di San Marco.
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci