Attacchi talebani, Trump rischia un altro Russiagate

Mercoledì 1 Luglio 2020
IL CASO
NEW YORK Sarebbe stato John Bolton un anno fa, nel marzo del 2019, a informare Donald Trump che Vladimir Putin aveva messo una taglia sulla vita dei soldati americani in Afghanistan. L'ex consigliere per la sicurezza nazionale ha confermato all'Associated Press che il nuovo RussiaGate, rivelato per primo dal New York Times venerdì scorso, ha origini più lontane di quanto si credesse. Dal primo allarme sarebbe dunque passato più di un anno, durante il quale i talebani avrebbero ricevuto oltre mezzo milione di dollari, per aver posto bombe che hanno fatto saltare per aria jeep che trasportavano militari Usa. I fatti raccontati sui media americani sarebbero di una gravità eccezionale, se venissero confermati. Il NY Times rivela anche che i servizi americani avrebbero trovato la traccia di trasferimenti elettronici di somme dai russi ai talebani attraverso una banca russa.
I RAPPORTI
L'unica cosa di cui si è sicuri per ora, tuttavia, è che i rapporti di varie agenzie dell'intelligence sono arrivati alla Casa Bianca almeno tre volte. La prima volta nel marzo del 2019, per bocca di John Bolton. La seconda volta nel febbraio 2020 con un rapporto scritto dei capi delle squadre speciali in Afghanistan (Seals, Berretti Verdi, Rangers ecc.) La terza volta a voce durante un incontro del Gabinetto di sicurezza nazionale. Finora la Casa Bianca non è stata molto trasparente nelle sue reazioni. Trump ha twittato che nessuno lo aveva informato. E i suoi collaboratori hanno sostenuto che le informazioni non erano abbastanza affidabili da essere incluse nel briefing presidenziale. Numerosi esperti sottolineano invece che se l'informazione era stata giudicata abbastanza affidabile da informarne l'alleato britannico, è impossibile che non sia stata data anche al presidente se non altro perché poteva venire a galla in conversazioni fra i due leader. La ritrosia del presidente a far luce su questo possibile nuovo RussiaGate rientra comunque nella sua abitudine di diffidare dei servizi americani e avere fiducia piuttosto in Vladimir Putin.
L'AVVICINAMENTO
Negli ultimi mesi, poi il presidente ha fatto passi di amicizia verso il collega, dichiarando di volerlo fare rientrare nel Gruppo dei Sette (G7), e poi annunciando il ritiro di 10 mila soldati di stanza in Germania, un atto visto come un grande regalo alla Russia. Ma ieri, dopo un briefing alla Casa Bianca, esponenti del Congresso di entrambi i partiti hanno chiesto che le possibili colpe russe vengano indagate e accertate.
Il presidente della Commissione intelligence della Camera, il democratico Adam Schiff, ha raccomandato che «invece di invitare la Russia al G7 si considerino nuove sanzioni per bloccare le sue attività maligne». E repubblicani, come il senatore del Nebraska Ben Sasse, chiedono che «si vada fino in fondo, per capire se il presidente sapeva o no». Il rivale democrarico di Trump, Joe Biden ha aggiunto che se fosse vero, Trump sarebbe colpevole di «inadempienza del proprio dovere».
A dare anche maggior peso alle rivelazioni, è giunto ieri un articolo del noto giornalista Carl Bernstein, che ha raccolto informazioni sulle telefonate di Trump ad altri leader. Numerose testimonianze, confermate anche da membri dei governi interessati ed ex collaboratori del presidente, mostrano un Trump villano con leader donne, come Angela Merkel e Theresa May, e docile con uomini forti cone Vladimir Putin e il turco Recep Tayyp Erdogan. Il suo «cameratismo» con Putin certo non è cosa nuova. Trump ha sempre rifiutato l'idea che i russi abbiano interferito nelle elezioni del 2016 per favorire la sua candidatura. Ha rigettato le scoperte dell'intelligence americana e sostenuto di credere di più al russo.
Il rapporto del procuratore speciale Robert Mueller aveva puntato il dito contro i servizi segreti militari russi, il Gru. I rapporti presentati dagli agenti americani oggi puntano di nuovo il dito sul Gru. Il loro mandato sarebbe lo stesso: destabilizzare gli Usa.
Anna Guaita
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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