Atlantia a picco (-8%): per la Borsa lo spettro del fallimento di Aspi

Venerdì 10 Luglio 2020
GLI EFFETTI
ROMA Lo spettro della revoca costa quasi 1 miliardo in un colpo solo alla capitalizzazione di Atlantia in Borsa. La decisione della Consulta, che ha certificato la legittimità del Decreto Genova, ha anche consegnato un assist al governo, ora più forte nella trattativa con Aspi che vuole evitare la revoca. Dal giorno precedente il crollo del Ponte Morandi, Atlantia ha già perso quasi 10 miliardi, metà del suo valore. Ieri la Borsa ha apprezzato la società 10,8 miliardi, in calo di quasi il 30% da inizio anno. Perché per gli analisti a decidere il valore di Aspi, e quindi della controllante Atlantia, è il doppio pacchetto tra rischio revoca, da oggi più alto, e articolo 35 del Milleproroghe. Perché se Atlantia-Aspi durante la trattativa non spunterà una modifica di quell'articolo che riduce unilateralmente l'indennizzo in caso di revoca da 23,5 a 7 miliardi, sarà andato in fumo anche un pezzo importante del valore della società autostradale. L'apertura choc per il titolo Atlantia è stata seguita da una chiusura ancora peggiore. Il titolo è arrivato a perdere oltre il 9% finendo più volte in asta di volatilità: ha chiuso a 13,1 euro con un ribasso dell'8,2%.
Lo stop inatteso della Consulta è ritenuto dannoso non solo perché Aspi non potrà chiedere un risarcimento per le decisioni contenute nel Decreto Genova, ma anche perché il futuro assetto delle concessioni potrebbe essere più punitivo del previsto. Sarà l'esito della trattativa a dire fino a che punto.
I RISCHI
Al di là della prova muscolare di facciata e delle forti pressioni dei Cinquestelle verso la revoca, il governo punta a un taglio delle tariffe del 5% e a un maxi indennizzo con più impegni sul fronte investimenti. Ma soprattutto il governo punta al riassetto azionario di Aspi, peraltro a prezzi da saldo, che Atlantia giudica inaccettabili. Soprattutto se si tratta di cedere il controllo di Autostrade.
Certo, il mercato non sottovaluta le difficoltà del governo a procedere con una revoca della concessione che non ha precedenti nei paesi occidentali con conseguenze sulla credibilità stessa del Paese nel rispetto dei contratti. Non solo. Aspi ha in programma oltre 10,5 miliardi di investimenti previsti dai piani concessori, alcuni già autorizzati e in corso di avvio, tra cui il Passante di Genova e il Passante di Bologna, che in caso di revoca per legge non potrebbero essere più finanziati con capitali privati e con una certa difficoltà potrebbero essere riaffidati in concessione considerata l'incertezza contrattuale. Oltre ai rischi per i lavoratori, senza una previsione di alcun termine per la corresponsione dell'indennizzo ridotto di 7 miliardi, mancherebbero comunque ad Aspi le risorse per la restituzione di 9 miliardi di debito, fino a causare il fallimento della società. A catena l'impatto si ripercuoterebbe sulla restituzione di 9 miliardi di debito di Atlantia (che controlla l'88% di Aspi ed è garante di parte del debito della controllata). Sicché il debito complessivo in default salirebbe a oltre 18 miliardi sui mercati internazionali. Peraltro, Aspi ha anche emesso un bond retail (da 750 milioni) detenuto da 17.000 piccoli risparmiatori italiani. E la serie di bocciatura da parte delle agenzie di rating a titoli spazzatura, dopo il Milleproroghe, non può non avere effetti anche su Adr e Abertis. Le conseguenze a catena colpirebbero una situazione debitoria complessiva di 46 miliardi circa.
Roberta Amoruso
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