A Taranto rallentate le attività I commissari pronti al ricorso

Domenica 10 Novembre 2019
IL CASO
ROMA Per ora non c'è alcun incontro ufficiale in agenda. Nessuna apertura formale ad una trattativa da parte di ArcelorMittal. Con il governo che, se la multinazionale non ammorbidisse le sue condizioni, è pronto a iniziative legali.
I segnali di guerra non mancano. I commissari stanno valutando in queste ore se impugnare il recesso con un ricorso urgente (ex articolo 700 del Codice di procedura civile). Intanto, a Taranto cresce la preoccupazione perché Arcelor ha fermato una delle due linee di agglomerazione del siderurgico (che servono a preparare il materiale da fondere) e le aziende dell'indotto hanno messo in mora l'ex Ilva per le fatture non pagate.
Questo il quadro che segue il blitz di ieri del premier Giuseppe Conte a Taranto. Una scelta forte, quella del capo del governo, che ieri ha dedicato all'esperienza un lungo e dettagliato racconto diffuso ai giornalisti via whatsapp. Un'esperienza coinvolgente per il premier («Ho acquisito tante informazioni e vissuto tante emozioni», scrive Conte). Il premier, sull'ex Ilva, ha scelto di metterci la faccia. È stato a Taranto fino alle 2:30 del mattino, ha parlato con comitati civici, lavoratori, ambientalisti, rappresentanti istituzionali. Ha visitato, in tarda notte, il quartiere simbolo del dramma dell'Ilva, Tamburi. A tutti ha ripetuto il suo mantra: «non faccio il fenomeno, ma non vi abbandonerò». L'iniziativa è stata apprezzata trasversalmente anche dalla maggioranza perché fotografa al meglio la strategia politica di Conte: quella di fare del dramma di Taranto un punto di rilancio della maggioranza rossogialla.
LA NARRAZIONE
Nel M5S, del resto, è già partita la narrazione sul dossier. «La Lega è amica delle multinazionali, noi tuteliamo lavoratori e salute», ha ribadito anche ieri, da Berlino Luigi Di Maio, partito ormai all'attacco del sovranismo «made in Salvini». Ora, però, per Conte sarà difficile tornare indietro e non basta solo lo strumento della Cig per salvare i lavoratori dello stabilimento.
Al momento, tuttavia, la situazione è in stallo. Un prossimo incontro tra Conte e il patron Lakshmi Mittal è previsto a inizio settimana ma non è stato ancora fissato. Per il governo la soluzione migliore resta la permanenza di Mittal. Per questo si è pronti a trattare. Due le ipotesi sul tappeto: un maxi-sconto sugli 1,8 miliardi che ArcelorMittal paga per l'affitto e l'acquisizione e una trattativa per ridurre gli esuberi.
Conte in ogni caso prepara la guerra legale. «Non permetteremo che l'azienda vada via», tuona Di Maio. E il governo, nella sua battaglia, conta anche sulla sponda politica dell'Ue.
Non a caso, ieri il commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni sottolinea: «In queste materie i patti vanno rispettati: questo riguarda sia il gruppo ArcelorMittal che le istituzioni italiane». Le parole di Gentiloni fanno implicito riferimento al tema dello scudo penale, divisivo per la maggioranza e all'interno del M5S. Il Pd ha «congelato» l'emendamento al dl fiscale ma i termini per presentarlo scadono domattina. Di Maio forse di fronte allo scudo penale come conditio sine qua non per salvare l'ex Ilva metterebbe i gruppi di fronte alle proprie responsabilità.
La nazionalizzazione è comunque un'ipotesi che non si può escludere: il M5S sarebbe d'accordo, anche per Italia Viva e parte del Pd non è un tabù e, nel governo non è sfuggito l'endorsement arrivato ieri dal ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina.
Diodato Pirone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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