A processo due reclutatori dell'Isis

Domenica 18 Dicembre 2016
A processo due reclutatori dell'Isis
Chiederà di essere processato con rito abbreviato Rok Zavbi, il macellaio accusato di aver fatto parte del gruppo che reclutò almeno due uomini, recatisi a combattere in Siria nelle fila dell'Isis, tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014.
Il ventiseienne di Lubiana, in carcere in Italia dallo scorso giugno, dopo essere stato estradato dalla Slovenia, ha ricevuto nei giorni scorsi la notifica della conclusione delle indagini preliminari da parte della Procura anti-terrorismo di Venezia che si appresta a chiedere il suo rinvio a giudizio, assieme al secondo indagato, il macedone di 37 anni, Ajhan Veapi, residente ad Azzano Decimo (Pordenone), arrestato alla fine di febbraio e tutt'ora detenuto.
Il pm che ha coordinato l'inchiesta, il pm Francesca Crupi, contesta loro di aver avuto un ruolo del reclutamento di due foreign fighters, avvenuto in provincia di Belluno: il macedone Munifer Karamaleski, 28 anni, di Chies d'Alpago, e lo slavo Ismar Mesinovic, 36 anni, che in Siria ha perso vita un mese più tardi, nel corso di un combattimento con le truppe dell'esercito di Assad. Mesinovic, che lavorava come imbianchino a Ponte nelle Alpi, partì alla fine di novembre del 2013 assieme al figlio di due anni, di cui da allora non si hanno più avute notizie.
L'inchiesta riguarda anche il cosiddetto imam del terrore, Bilal Bosnic, condannato qualche mese fa in appello a Sarajevo a 7 anni di reclusione per terrorismo: i magistrati italiani lo vorrebbero processare, ma per il momento le autorità croate non sono disponibili a consegnare l'uomo a quelle italiane. Secondo i carabinieri del Ros, nella primavera del 2013 sarebbe stato proprio Bilal a fare attività di proselitismo, partecipando ad alcune conferenze ed incontri di preghiera nell'area di Pordenone, alle quali era stato invitato proprio da Veapi, in qualità di consigliere del locale Centro islamico. Il macedone di Azzano decimo, difeso dall'avvocato milanese Luca Bauccio, respinge ogni addebito.
Anche Zavbi, assistito dall'avvocato goriziano Samo Sanzin, ha negato di aver fatto il reclutatore per conto dell'Isis, accettando di collaborare con gli inquirenti per raccontare quanto a sua conoscenza. Il giovane sloveno ha spiegato di essersi convertito all'Islam e di aver deciso di partire nel 2013 per la Siria, dove avrebbe lavorato come infermiere. Al suo ritorno si incontrò con Mesinovic e Karamaleski, limitandosi però a fornire loro alcune indicazioni e consigli. «Il mio assistito ha precisato che i due erano già intenzionati a partire e che non è stato lui a reclutarli - spiega l'avvocato Sanzin - Ha anche dichiarato di non aver mai combattuto in Siria».
Agli atti dell'inchiesta c'è una fotografia che ritrae Zavbi con un mitra in mano, ma il legale spiega che tutti erano armati nella zona in cui si trovava e che non era possibile fare altrimenti. L'avvocato Sanzin riferisce anche un episodio singolare: al ritorno dalla Siria Zavbi fu intervistato da un noto periodico sloveno, che pubblicò la sua fotografia con alle spalle la bandiera dell'Isis. Ma le autorità di Lubiana non si attivarono in alcun modo. Dopo il ritorno in patria, lo sloveno assicura di essersi allontanato dall'Isis, non condividendone la violenza e i propositi terroristici.
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