​L'assoluzione per il saluto romano a Schio: «Cerimonia fascista, ma in un'area chiusa»

Venerdì 12 Gennaio 2024 di Angela Pederiva
L'assoluzione per il saluto romano a Schio: «Cerimonia fascista, ma in un'area chiusa»

Mentre si apre l'inchiesta su Acca Larentia, si chiude il processo su Schio. È attesa per oggi, al Tribunale di Vicenza, la sentenza su 12 militanti di estrema destra che il 10 luglio 2022 avevano commemorato l'eccidio del 1945 (47 detenuti fucilati dai partigiani in quanto accusati di legami con il partito fascista e con la Repubblica di Salò), attraverso il saluto romano e il grido «presente». L'avvocato Gabriele Bordoni, già difensore del calciatore laziale Paolo Di Canio nel procedimento disciplinare per il braccio teso, confida nella loro assoluzione: tra i precedenti favorevoli agli imputati, c'è infatti il verdetto sulla medesima cerimonia del 2019, secondo cui «il fatto non sussiste».


LE LEGGI
Pensare che i giudici avevano premesso che i fatti storici contestati a 17 attivisti di Veneto Fronte Skinheads, Continuità Ideale, Movimento Sociale Italiano e Forza Nuova, «oltre ad essere incontroversi nella loro materialità», risultavano anche «ampiamente provati», in base alle testimonianze rese dalla Digos di Vicenza e Padova, alle riprese audio-video della manifestazione e ai racconti degli stessi partecipanti. Occorreva però stabilire se quei comportamenti integrassero innanzi tutto il reato previsto dalla legge Scelba del 1952, che punisce chiunque con parole o gesti compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista. Ebbene il Tribunale berico ha escluso che quel raduno «abbia concretamente determinato il pericolo di ricostituzione del partito fascista», come si legge nelle motivazioni depositate due anni fa: «È evidente, infatti, che la manifestazione, pur avendo carattere fascista e riecheggiando la simbologia di tale regime era esclusivamente rivolta alla commemorazione dei defunti e non aveva alcuna finalità di restaurazione fascista. Depone in tale senso anche la circostanza che, al momento della celebrazione, la zona circostante l'edificio delle ex carceri fosse chiusa all'accesso di terzi».


In seconda battuta il collegio si è chiesto se fosse configurabile allora la violazione della legge Mancino, che dal 1993 persegue chi esprime o esibisce segni ed emblemi delle organizzazioni razziste.

Secondo la conclusione dei giudici, «è pacifico che il saluto romano costituisca una manifestazione gestuale che rimanda all'ideologia fascista e ai valori politici di discriminazione razziale e di intolleranza», tuttavia è stato ritenuto che nel caso di Schio «non fosse idoneo a creare in concreto un pericolo per l'ordine pubblico», in quanto attuato da «un gruppo circoscritto di manifestanti, in un contesto limitato e in un ambito spaziale nel quale era esclusa la presenza di soggetti estranei». Motivazioni vivacemente contestate dall'Anpi: «Noi continuiamo ad insistere sulla gravità e pericolosità di queste esposizioni, non di libero pensiero, assicurato dalla Costituzione e dalle leggi, ma di un'ideologia condannata dalla storia e dalle leggi dello Stato italiano».


IL PERICOLO ASTRATTO
Va detto che ancora il Tribunale di Vicenza, e sempre nel 2022, ha invece condannato 5 nostalgici che nel 2018 al cimitero maggiore avevano commemorato con il grido «presente» e il saluto fascista la morte di Benito Mussolini. In quella circostanza è stato qualificato il reato di pericolo astratto per cui, pur non essendoci la prova della presenza di passanti, sono stati comunque considerati rilevanti il contesto pubblico, l'orario di apertura del camposanto e la pubblicizzazione mediante un necrologio. «Certo che un cimitero è un luogo pubblico ribatte l'avvocato Bordoni ma se non c'è nessun altro, al di là dei manifestanti, qual è il pericolo in concreto? Mi infastidisce poi che, a definire "imbecilli" i militanti di Acca Larentia, sia un eletto (il meloniano Giovanni Donzelli, ndr.) proprio sotto il simbolo della fiamma tricolore».

Ultimo aggiornamento: 13:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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