Gruppo Cegalin, arrestati il fondatore Pegoraro e il commercialista: autoriciclaggio. Un indagato: «Soldi fino a Dubai»

Scattato anche un sequestro preventivo di 10 milioni. Un anno fa ce n'era stato un altro di oltre 21 milioni. Migliaia di addetti assunti da società cartiere che fungevano da serbatoi di manodopera

Venerdì 27 Maggio 2022
Gruppo Cegalin nel mirino della Gdf (foto di repertorio)

VICENZA - Il «denaro che veniva drenato dalle società commerciali e dalle subappaltatrici» finiva anche «sui conti di Dubai nella disponibilità mia e di Pegoraro» e poi il commercialista Nicola Gagliardi faceva «confluire» quelle somme «a Cipro» e infine i soldi tornavano «in Italia». Così uno degli indagati nell'inchiesta con al centro il gruppo Cegalin-Hotelvolver, di Vicenza, che nei giorni scorsi ha portato in carcere per un autoriciclaggio da oltre 10 milioni di euro il fondatore Pierantonio Pegoraro, 55 anni, e il professionista Gagliardi, ha descritto quel meccanismo per far sparire verso l'estero e reinvestire i profitti illeciti di una maxi frode fiscale. L'interrogatorio, ossia una «piena confessione», di Vito Rinaldi, «socio di fatto» e presunto «braccio destro» di Pegoraro, è riportato nell'ordinanza di 88 pagine firmata dal gip di Milano Anna Calabi su richiesta del pm Paolo Storari. Il «meccanismo fraudolento», scrive il gip, «e l'attività di riciclaggio sono in corso dal 2012» e Pegoraro sarebbe stato «dominus indiscusso delle operazioni» e il «maggior beneficiario della frode fiscale», anche perché deteneva «il controllo direttamente o indirettamente di tutte le società operative del gruppo».

Il doppio arresto

Pierantonio Pegoraro, fondatore e «amministratore di fatto» del gruppo Cegalin - con sede in provincia di Vicenza e che da vent'anni si occupa di servizi di pulizia e facchinaggio per gli alberghi - è stato arrestato insieme al commercialista Gagliardi dalla Guardia di finanza di Milano. Ed è stato eseguito anche un provvedimento di sequestro preventivo di oltre 10 milioni di euro, in relazione al reato di autoriciclaggio. Le indagini del pm di Milano Paolo Storari, svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano con la collaborazione del settore Contrasto illeciti dell'Agenzia delle Entrate, «hanno consentito di ricostruire un complesso meccanismo di frode fiscale» nel settore delle pulizie presso gli alberghi, «posto in essere attraverso l'utilizzo, da parte di società operative di fatture per operazioni inesistenti emesse da numerose cooperative sub-appaltatrici, prive di effettiva autonomia». L'attività dei finanzieri ha costituito lo sviluppo dell'indagine che aveva già portato, nel luglio dello scorso anno, al sequestro di oltre 21 milioni nei confronti di persone fisiche e giuridiche dello stesso gruppo.

Il progetto capsule da caffè

Dagli ulteriori sviluppi investigativi è emerso che l'amministratore di fatto del gruppo, avvalendosi della consulenza qualificata del professionista di fiducia, «reimpiegava - si legge in un comunicato della Gdf - una parte dei capitali della frode fiscale nello sviluppo di un progetto industriale volto alla realizzazione di macchinari per la produzione di capsule del caffè facente capo a una società svizzera riconducibile all'imprenditore indagato e nell'acquisto di svariate proprietà immobiliari per il tramite di una società italiana, controllata a sua volta da un veicolo societario cipriota, il cui titolare effettivo è risultato il medesimo amministratore». 

Assunzioni da società cartiere

In sostanza, si legge nell'ordinanza del Gip, l'imprenditore vicentino avrebbe messo in piedi un sistema che «senza destare sospetti, ha operato per anni drenando illecitamente denaro per poi riaverlo attraverso operazioni esterovestite». Il sistema prevedeva, tra l'altro, le assunzioni di migliaia di lavoratori di servizi di pulizie negli alberghi da parte di «società cartiere», che erano solo «serbatoi di manodopera». Poi, questi lavoratori venivano trasferiti ancora su altre società, senza versamento di Iva né di contributi.

Ed era proprio la «liquidità» presente in queste società ad essere reinvestita all'estero. Per Pegoraro e Gagliardi, prosegue il gip, «l'attività di riciclaggio rappresenta la loro attività professionale» cui rivolgono «completa dedizione» e «spregiudicatezza».

Ultimo aggiornamento: 14:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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