Baci "rubati" alla cameriera, barista di 48 anni condannato a 2 anni e 3 mesi

Martedì 15 Novembre 2022 di Davide De Bortoli
La condanna è stata pronunciata in Tribunale a Venezia

SAN DONA' - Quei “baci rubati” gli sono costati una condanna a due anni e tre mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

A giudicare colpevole per violenza sessuale lieve C.L., 48enne veronese, titolare di un bar di Meolo, ieri mattina è stata la sezione penale del Tribunale collegiale di Venezia, presieduto da Maria Antonia Defazio. In totale due anni e tre mesi di condanna, con interdizione dall’ufficio di tutore e temporanea dai pubblici uffici, oltre a 6mila euro di risarcimento alla parte offesa, una donna di 58 anni residente nel Sandonatese, e il pagamento delle spese legali.


L’ACCUSA
I fatti risalgono al periodo compreso tra la fine di giugno e i primi giorni di luglio del 2019: il 48enne aveva molestato in più occasioni la donna che in quel locale pubblico faceva la cameriera. L’insistenza negli approcci del titolare era stata tale da costringerla a licenziarsi e sporgere denuncia. La donna aveva riferito ai carabinieri che fin dal primo giorno di lavoro il titolare si avvicinava a lei per abbracciarla quando non c’erano clienti, arrivando anche a baciarla sul collo. La vittima aveva raccontato che si trattava di episodi spiacevoli, attenzioni non gradite che si verificavano quasi ogni giorno all’avvicinarsi della chiusura. Alle forze dell’ordine aveva spiegato di non aver querelato subito il titolare per un certo imbarazzo e per mantenere il posto di lavoro.
I tentativi di effusioni non richieste, però, erano continuati finchè il gestore era andato oltre, spingendola contro una parete e bloccandola nel tentativo di baciarla. Dopo quest’ultimo episodio si era dimessa, tornando nell’esercizio solo per prendere la sue cose, per poi recarsi dai carabinieri. Ieri mattina, dunque, il caso è arrivato alla fase del dibattimento nel tribunale veneziano, con il collegio si è ritirato in camera di consiglio per oltre un’ora. Il pubblico ministero Daniela Moroni ha ripercorso le fasi salienti del processo, compresa la credibilità della testimonianza della parte offesa, il cui racconto ha trovato riscontro anche nelle deposizioni dei testimoni dell’accusa e della vittima, difesa dall’avvocato Stefano Bruno Ferraro, i quali hanno confermato anche lo stato di prostrazione che ha avvilito per una ventina di giorni la barista, vittima che trascorreva le notti insonni piangendo. Il pm ha chiesto, riconoscendo il fatto come lieve, la pena di due anni e quattro mesi, reato continuato perché gli episodi nel tempo sono stati più di uno. L’avvocato Ferraro si è associato alle richieste della pubblica accusa, sottolineando l’assoluta credibilità della propria cliente, la querelante, anche perché il cosiddetto effetto “freezing”, ossia di “congelamento”, che spesso capita alle vittime di aggressione sessuale, blocca la parte offesa che non riesce a reagire. «Questi processi vanno fatti perché solo il giudice può valutare la credibilità della parte offesa - commenta Ferraro – È importante presentare denuncia e avere fiducia nella giustizia, che ha fatto il suo corso, nell’arco di un tempo congruo tenendo conto dello stop legato alla pandemia. I reati cosiddetti da “codice rosso” hanno comunque una corsia preferenziale».

Ultimo aggiornamento: 17:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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