Il Rinascimento è nato a Venezia,
non a Firenze, un libro spiega perché

Sabato 17 Gennaio 2015 di Anna Renda
Il Rinascimento è nato a Venezia, non a Firenze, un libro spiega perché
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VENEZIA - Leonardo da Vinci arrivò in Laguna nella primavera del 1500. Ma a parte l’acquisto di un paio di costosissime calzabraghe per Salaì, l’amato allievo e modello dal volto androgino, il genio toscano non realizzò nulla in quella che, allora, era la città più avanzata del mondo.



Perché Venezia - che oggi siamo abituati a misurare soprattutto col metro del turismo - tra il Quattro e Cinquecento era tutta un fermento di idee e di stimoli che venivano accolti anche dall’esterno, con la massima libertà e tolleranza. Ed è là, in quel clima unico e irripetibile, che si compie, più che in ogni altro luogo, l’esperienza del Rinascimento e nasce la modernità in senso artistico ed economico.

Lo sostiene nel suo ultimo libro Venezia, L’altro Rinascimento 1450-1581 (Einaudi, 35 euro), Giovanni Carlo Federico Villa, docente di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Bergamo, che ai protagonisti veneti della rivoluzione pittorica moderna aveva già dedicato alcune mostre monografiche allestite alle Scuderie del Quirinale di Roma, a Parigi e a Bruxelles.



Nella sua analisi Villa punta non solo a ridefinire il ruolo complessivo della Venezia rinascimentale, ma anche a sottolineare il carattere determinante per la storia futura di quanto si andò sviluppando in quel periodo in laguna, dove gli editori crescevano come i funghi e s’inventava la prima catena di montaggio della storia, dove si diffondeva l’uso del mappamondo e della partita doppia, e dove nasceva il modello del regime assolutista e il marketing inteso come capacità d’impressionare i visitatori curando, ieri come oggi, la propria immagine.

A supporto della sua tesi, che vede in Venezia e non in Firenze il vero centro del Rinascimento, lo studioso torinese offre una lettura sincronica che mette insieme arti, società civile e politica.

«Un "altro Rinascimento" rispetto a quello fiorentino e romano - sottolinea il professore -, che assembla l’ideale classico, non solo latino ma anche dell’antichità greca, con quanto andavano proponendo l’arte delle Fiandre e quella danubiana, innestando tutto sul senso dello sfarzo e del colore bizantini».

Un mix unico per una città unica e diversa in tutti i suoi aspetti, legata al commercio e al guadagno ma capace di astrazioni e innovative rielaborazioni di idee e spunti di svariata provenienza ma che nell’arte mai seguì né imitò il modello toscano. Perché se Firenze inventò la prospettiva, un sistema di racconto dello spazio che nessuno muterà più fino agli impressionisti, Venezia realizzò la tridimensionalità col colore, nel paesaggio, pervadendo i dipinti di luce, e rivelando inedite prospettive nella "pala unificata", con i santi disposti in dialogo intorno alla Madonna con il Bambino in uno spazio reale, unificato sempre dalla luce, secondo uno schema che tutti seguiranno. «La rivoluzione artistica, nata da una costola fiorentina, impostata da Andrea Mantegna e proseguita da Giovanni Bellini, troverà sintesi e nuova genesi con l’opera di Giorgione, Tiziano e Sebastiano. Veri giganti dell’arte. Come disse lo scrittore Ludovico Dolce Tiziano è stato capace di mettere insieme “la grandezza e terribilità di Michelangelo, la piacevolezza e venustà di Raffaello e il colorito proprio della natura". Ma se si chiede di citare i massimi pittori d'ogni tempo, nessuno dirà mai Bellini o Tiziano. Eppure quest'ultimo è stato l'artista più pagato d'ogni epoca mentre il primo il più rivoluzionario».



Favorito dall’assoluta libertà di pensiero, su cui si fondava l’identità ideologica stessa della Repubblica che ha sempre rivendicato la propria autonomia anche in materia religiosa, il “secolo d’oro” di Venezia si chiude con un episodio che Villa indica come "minore" ma "simbolico": «Per la prima volta nella storia secolare gli inviati diretti del Pontefice visitano e giudicano la Chiesa veneziana». Era il 1581. Comincia da questa piccola ingerenza della Sede Apostolica la parabola discendente, anche culturale, della gloriosa Serenissima.
Ultimo aggiornamento: 18 Gennaio, 08:16

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