VENEZIA - Sempre più giovani si rovinano la vita con il gioco d’azzardo. E solo pochi di loro accettano di farsi curare: quando lo fanno, spinti magari da chi gli sta vicino, è perché sono dentro al problema fino al collo. La grande paura, infatti, è che i numeri ufficiali siano solo la punta di un iceberg ben più grande. «C’è chi arriva ad accumulare centinaia di migliaia di euro di debiti. Chi entra nel baratro delle scommesse, anche illegali, si illude di poter recuperare quello che ha perso: ma questo non succede mai», dice Ermanno Margutti, direttore del Servizio contro le dipendenze (SerD) di Chioggia e Venezia e responsabile per l’Ulss 3 del Piano di prevenzione e contrasto di quella che comunemente viene chiamata ludopatia, ma nei manuali di Psichiatria è definito “disturbo da gioco d’azzardo”.
I NUMERI
C’è da preoccuparsi di fronte a un evidente allargarsi del fenomeno su cui, nell’ultimo periodo, si sono accesi i riflettori per la vicenda del calcio scommesse. Nel territorio dell’Ulss 3 ci sono 182 persone dipendenti dal gioco d’azzardo in carico ai SerD; 67 di questi, cioè un terzo, sono arrivati nell’ultimo anno; i giovani sotto i 24 anni sono il 5%. Ma sono solo dati ufficiali: non è che i ragazzi non giochino a soldi, anzi; ma quelli che chiedono aiuti, sono molto pochi. «Il dato nazionale - spiega il primario Margutti - evidenzia che nella fascia d’età tra i 15 e i 19 anni il 3% degli studenti è un giocatore problematico, mentre un altro 5% è da considerarsi a rischio, pari al doppio dell’1,7% che si calcola di media su tutta la popolazione, dalla maggiore età agli 84 anni che è la prospettiva media di vita. Negli ultimi anni abbiamo registrato un boom di giocatori patologici. E d’altronde, sempre le cifre ufficiali ci dicono che se nel 2006 il giro d’affari era di 38 miliardi di euro, oggi siamo a 131 miliardi». Con il Covid, tre anni fa, la situazione è cambiata con l’imporsi del gioco on-line su internet rispetto a quello on-side nei bar, locali e tabaccherie. L’osservatorio dell’azienda sanitaria mostra che i maschi sono più propensi alle scommesse virtuali, da smartphone o computer, mentre le donne restano più avvezze ai “gratta e vinci” e alle macchinette. Una vera e propria malattia: «È un problema neuronale - continua il dottor Margutti - Il cervello del giocatore dipendente è lo stesso di un cocainomane, senza peraltro dimenticare che spesso ci si trova di fronte a situazioni di polidipendenza, sommandosi abuso di alcol, droghe, tabagismo. Il meccanismo è questo: l’eccitazione del gioco porta a un senso di gratificazione. Vedo ragazzi che diventano schiavi del gioco per poter alleviare le proprie pene. I più giovani sono anche i più esposti, visto che fino ai 25 anni il cervello non è pienamente sviluppato. Bisogna essere chiari: non esiste alcun gioco sicuro e responsabile. Il problema è che noi non conosciamo il nostro livello di vulnerabilità rispetto al gioco d’azzardo. Questo lo si scopre solo dopo, quando è già tardi. Quindi il miglior consiglio è non giocare affatto».
LA STRADA GIUSTA
Grazie ai SerD c’è la possibilità di uscirne:«Purtroppo - conclude Margutti - le false credenze e le distorsioni cognitive portano il giocatore a pensare di poter diventare più ricco. Non sarà mai così. Che ci sia bravura o abilità nelle scommesse è una pura illusione. Ai ragazzi consiglio di stare molto attenti dal circolo vizioso: bere troppo disinibisce la persona che così arriva a giocare senza la possibilità di fermarsi. I dipendenti da gioco d’azzardo si allontanano dalla realtà. Non c’è peggior dipendenza di quella dal dio denaro».
