Venezia. Cambia casa perché non cammina ma non sposta la residenza: multa da 6mila euro alla pensionata

Lunedì 20 Novembre 2023 di Tomaso Borzomì
Anziana

VENEZIA - Una piccola disattenzione, un errore burocratico e ora per una pensionata "non d'oro" scatta la sanzione da 6mila euro. Una cifra non alla portata di tutti e che può cambiare la vita di una persona. È il caso di Alfia Pisano, residente a Marghera, la quale a causa di un problema di deambulazione, ha dovuto permutare casa sua al terzo piano con una più accessibile al primo.

Una scelta che l'ha indotta nell'errore di non cambiare la residenza, visto che riteneva, sbagliando, che restando nello stesso civico non ci fosse tale necessità. Purtroppo la scure della burocrazia non guarda in faccia nessuno. Si pensi che, ad aggiungere la beffa al danno ci hanno pensato le modifiche subite dall'immobile, che è stato riaccatastato. L'acquirente l'ha fuso con un altro immobile, facendo diventare tutt'uno i due alloggi, creando una diversa unità abitativa. E così il vecchio appartamento, di fatto, non esiste più dal punto di vista catastale, contribuendo a far sì che la vecchia residenza non possa più esistere.

«La permuta è stata fatta con un atto notarile, la signora ha sbagliato a non fare il cambio di residenza. Il Comune ha emesso due accertamenti Imu per il 2019 e il 2020, e per avere l'esenzione prima casa serve la dimora effettiva nell'immobile con residenza anagrafica», spiega Paolo Ceccato, titolare del centro elaborazione dati che segue la signora: «Abbiamo fatto richiesta di annullamento evidenziando che la residenza non era stata spostata all'interno corretto per ignoranza, ma con esito negativo. A quel punto l'acquirente della vecchia casa, posta al terzo piano, mi ha prodotto un documento in cui lo stesso accorpava l'immobile acquistato dalla Pisano con altro immobile di sua proprietà adiacente. Quindi l'unità immobiliare dove aveva formalmente la residenza la Pisano ora fa parte di un immobile nuovo, per fusione, di un altro proprietario». Alla fine, tra accertamento, ravvedimento, imposte, sanzioni, il conto si attesta attorno ai seimila euro. Consapevole dell'errore, il titolare del centro elaborazione dati comprende la posizione del Comune, ma fa appello anche al buonsenso e alla gestione da "Buon padre di famiglia" che l'amministratore pubblico deve usare. Per questo evidenzia che «il Comune rispetta la norma ma qui è evidente l'errore fatto in buona fede» e pertanto chiede che si consenta alla signora di non incorrere nell'esborso che le cambierebbe la situazione patrimoniale. 

Ultimo aggiornamento: 21 Novembre, 08:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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