Venezia. Le "foglie" di San Servolo, l'installazione che racconta mezzo secolo di donne in manicomio

Venerdì 3 Marzo 2023 di Riccardo Petito
Le "foglie" di San Servolo, la mostra che racconta mezzo secolo di donne in manicomio

VENEZIA - «Essere internate nella prima metà del secolo scorso in strutture manicomiali, comprese quelle delle isole lagunari di San Servolo e San Clemente, significava essere private di ogni diritto civile, interdette da ogni pubblico contesto, ed essere bollate per sempre come "matte"».

La forza dell'installazione dal titolo "LeavesLives, Come le foglie, mezzo secolo di donne al manicomio", curata dalla psichiatra ferrarese Maria Cristina Turola (sue le parole di apertura) e promossa da San Servolo srl, società in house della Città metropolitana di Venezia, consiste soprattutto nel suo valore sociale, di riflessione.

IL RICORDO

Volutamente a pochi giorni dalla Giornata internazionale dei diritti della Donna, e sviluppata per quasi cinquanta metri, l'installazione sarà svelata domani sabato 4 marzo alle 11 negli spazi adiacenti all'Archivio storico dell'isola di San Servolo, di proprietà della Città metropolitana di Venezia dove, dal 2006, si trova anche il toccante percorso del Museo del Manicomio. «Abbiamo dedicato alla memoria di ben diecimila internate altrettante foglie - prosegue la dottoressa Turola - un numero di incredibile portata, e lo è pure per difetto, che ha sorpreso noi per primi; ogni foglia riporta di ciascuna solo nome, data del ricovero, e numero di giorni trascorsi qui». Giorni che potevano concludersi con l'uscita, e quindi le foglie appaiono colorate di verde, o con la morte, e predomina il colore marrone; per le ragazze più giovani, è stato scelto il colore rosa. «Con Luigi Armiato, direttore dell'Archivio storico, abbiamo preso in considerazione solo le schede dal 1900 al 1950 - aggiunge Maria Cristina Turola - per un ben preciso motivo, il materiale d'archivio contenente dati sensibili, per legge può essere divulgato solo dopo settant'anni; ci siamo pertanto fermati esattamente a metà secolo scorso, tenendo conto che avevamo iniziato a progettare l'allestimento già prima della pandemia, che ci ha frenato».

L'OPERA

Ogni foglia che contribuisce all'installazione (comunque accompagnata da pannelli esplicativi in apertura e chiusura, e da nove poesie di Roberto Paltrinieri), con termine odierno si potrebbe definire un ideale "link" alla corrispondente scheda recuperata nell'Archivio storico. Alla lettura di tale materiale, purtroppo, anche uno sguardo professionale cede all'emozione: «Si rimane davvero basiti di fronte a molte situazioni agghiaccianti, al tempo bastava ad esempio la clausola del "pubblico scandalo" per ritrovarsi rinchiuse; emergono pure storie di inaudita tristezza, come quella di una ragazzina ingravidata dal patrigno, lei poi rinchiusa qui lui invece libero; vi sono donne passate direttamente da una "casa degli esposti" al manicomio, che terminarono in seguito i propri giorni in strutture riservate ai malati cronici».

EPISODI TRISTI

E casi di presunto "accanimento terapeutico": «Giovani entrate con diagnosi di schizofrenia, che prima dei previsti quindici giorni di osservazione, già venivano sottoposte a giorni alterni ad iniezioni di insulina ed elettroshock Come noto, la somministrazione dell'insulina a dosi elevate porta al coma, e non mancarono i decessi». Altra pratica, provocare reazioni febbrili elevate che si presupponeva curative. Emergono dall'Archivio di Venezia anche le tracce di lobotomie, che però riguardano periodi successivi. Il progetto espositivo "LeavesLives, Come le foglie, mezzo secolo di donne al manicomio", ha uno scopo ben preciso. «Ci piaceva l'idea di un albero di foglie che si sviluppa in orizzontale, attraverso il quale far passare e far riflettere il visitatore - ancora la curatrice - sollecitando a scalfire il velo dell'indifferenza, vero male del nostro tempo, e rendersi davvero conto dello spropositato numero di donne che erano state internate; da qui, il messaggio implicito che, se non vigiliamo e lottiamo ogni giorno per preservare la nostra libertà, questa potrà essere un giorno tolta a ciascuno di noi... magari per un ipotetico e pretestuoso "pubblico scandalo", come capitò per costumi considerati leggeri per la morale dell'epoca, o per generica "depressione" (alcune ragazze rimaste orfane di origine ebraica, parenti di vittime dell'Olocausto, finirono qui con tale diagnosi) o, ancora, bollate di "nevrastenia" per aver, magari, semplicemente litigato pesantemente con i propri genitori». Emersi dall'Archivio anche casi riconducibili alla deportazione degli ebrei. Qui alcuni anni fa venne posata anche una Pietra d'Inciampo.

I PROFUGHI ISTRIANI

E poi ci sono i casi legati alle vessazioni dei profughi d'Istria: «Donne approdate al manicomio veneziano da quello di Pola, dall'Istria allora "redenta"; una delle particolarità che ricorre in alcune loro cartelle, è la dichiarazione di non essere italiane, di non parlare italiano Ma perché allora non furono trasferite a Trieste? Sarebbero dovute rimanere a Venezia solo per un breve periodo, poi magari fatte rientrare in Istria, ma ciò non accadde, furono "confinate" in un cronicario a Marostica». Tra le foglie dell'albero che compone "LeavesLives, Come le foglie, mezzo secolo di donne al manicomio", anche l'«ospite» forse più famosa di San Clemente: Ida Dalser, scomparsa nel 1937, che dalla relazione con Benito Mussolini diede alla luce Benito Albino (anch'egli perirà in un manicomio, nel milanese): della Dalser, la cui vicenda è suggestivamente narrata nella pellicola di Marco Bellocchio "Vincere", non è presente, come noto, la cartella clinica. L'Archivio Storico di San Servolo è collocato nella parte monumentale dell'Isola: «La documentazione sanitaria comprende oltre cinquantamila cartelle cliniche - spiega Luigi Armiato responsabile dell'Archivio - appartenenti a uomini, donne e bambini, ordinate cronologicamente dal 1842 al 1978». Due curiosità: «A San Servolo è custodita la cartella clinica del più antico pazzo italiano ricoverato in un manicomio nel 1725 - prosegue Armiato - ed è stato il primo ospedale psichiatrico chiuso dopo la Legge 180, nota come Legge Basaglia, dopo tre mesi il 13 agosto del 1978». Oltre alle autorità del territorio, a Maria Cristina Turola e Luigi Armiato, sabato all'inaugurazione interverranno Maria Bianco direttore della UOC di Psichiatria di Venezia e Chioggia, Silvana Marzagalli presidente Aitsam Venezia Centro storico e Isole e vicepresidente nazionale, Moreno De Rossi direttore Dipartimento di salute mentale del distretto sanitario territoriale. Patrocinata anche dall'associazione nazionale Mente in Rete, "LeavesLives, Come le foglie, mezzo secolo di donne al manicomio", rimarrà aperta con ingresso libero fino al 16 aprile.

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