La "buona entrata" per gli affitti commerciali non è legittima: «Va restituita»

La sentenza del tribunale di Venezia per la prassi nelle locazioni dà ragione a un gioielliere

Giovedì 28 Dicembre 2023 di Gianluca Amadori
La "buona entrata" per gli affitti commerciali non è legittima: «Va restituita»

VENEZIA - La cosiddetta "buona entrata", prassi da sempre in uso a Venezia per gli affitti ad uso commerciale, è contraria alla legge. Di conseguenza, il proprietario dell'immobile è tenuto a restituire al locatario la somma ricevuta.
Sono difficili da immaginare le conseguenze della sentenza depositata qualche giorno fa dalla quarta sezione civile della Corte d'appello, che ha accolto il ricorso presentato dall'avvocato Andrea Niero per conto di un gioielliere veneziano, finito in causa con le locatrici a seguito della risoluzione del contratto avvenuta durante il periodo Covid per il mancato pagamento di alcuni canoni di affitto.

CONTRARIA ALLA LEGGE


I giudici d'appello hanno modificato la sentenza emessa dal Tribunale nel luglio del 2022, pronunciandosi proprio in relazione alla "buona entrata", definita «non dovuta in quanto contraria al disposto dell'articolo 79 della legge 392 del 1978 (quella sull'Equo canone, ndr) che sanziona con la nullità una eventuale clausola in tal senso».
In primo grado i giudici avevano ritenuto non provato il versamento di 100mila euro a titolo di "buona entrata" da parte del gioielliere; secondo la Corte d'appello, invece, gli elementi raccolti nel corso della causa confermano il pagamento dell'ingente somma, la cui ricezione, peraltro, non è mai stata negata dalle locatrici, le quali inizialmente si sono limitate a eccepire la prescrizione del credito, per poi sostenere che il denaro era stato corrisposto per lavori eseguiti nel negozio, in ordine ai quali non è stata fornita però alcuna prova.

SPESE COMPENSATE


Le proprietarie del negozio, dunque, dovranno restituire i 100mila euro ricevuti a titolo di "buona entrata", compensata la somma di poco meno di 21mila euro, pari ai canoni di affitto che non erano stati pagati (il cui importo è stato ridotto dal Tribunale), ma che il gioielliere ha già versato dopo la sentenza di primo grado. Ciascuna delle parti in causa dovrà pagare le proprie spese di lite.
La causa era stata avviata dalle proprietarie del negozio, che si trova a Cannaregio, a fronte del mancato pagamento di alcune mensilità di affitto che il commerciante aveva giustificato con le difficoltà dovute al lockdown. Motivo per cui aveva chiesto di poter usufruire di una riduzione del canone previsto. La Corte ha dichiarato legittimo il rifiuto delle proprietarie di ridurre il canone per il periodo pandemico, trattandosi di scelta discrezionale. I giudici hanno considerato legittima anche la scelta delle locatarie di trovare un nuovo conduttore del negozio in pendenza della causa con il vecchio affittuario.
Con molte probabilità la questione finirà ora di fronte alla Cassazione per la decisione definitiva.

Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 10:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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