Ricordi del fotoreporter dall'inferno delle Torri Gemelle: «La mia vita da quel giorno è cambiata»

Martedì 7 Settembre 2021 di Federica Baretti
L'attentato al World Trade Center immortalato da Dario Camilotto, fotografo di Oderzo

ODERZO - L’arrivo a New York all’alba, dopo una notte trascorsa in viaggio in un claustrofobico autobus di linea. Il caffè bollente a Times Square, la voglia di immergersi nell’energia della Grande Mela, e all’improvviso quell’enorme nube di fumo, densa e nera, che avvolge la torre nord del World Trade Center e oscura il cielo. La confusione, il disorientamento, l’angoscia. Il mondo che cambia. È l’11 settembre di Dario Camilotto, classe 1972, fotografo di Oderzo, instancabile viaggiatore e area export manager della cantina e distilleria Bottega con focus sui mercati di Africa, India e Oceania. «Data indelebile e pagina nera della nostra memoria.

Sono passati vent’anni ma il ricordo è ancora lucido: ognuno di noi sa perfettamente dov’era e cosa stava facendo quel martedì di settembre». 


IL PERCORSO
Si apre così il racconto di Camilotto che a breve, grazie al sostegno dell’azienda di Bibano di Godega, diventerà un libro. «Sandro Bottega - racconta il fotografo che ha vissuto a New York e a Bologna, collaborando con la rivista di viaggi “Marco Polo” ed esponendo in molte città, compresa la Biennale di Venezia - si è innamorato della storia che ho voluto raccontare con le parole, ma soprattutto con le immagini che ho scattato quella mattina, e mi sosterrà nella pubblicazione del libro ‘New York 9/11 – 2001/2021’, un lavoro fotografico sulla mia esperienza diretta di quel tragico giorno a Manhattan, che mi vide spettatore e reporter di una delle pagine nere della nostra storia contemporanea». Un contributo da parte di Bottega che conferma la particolare sensibilità dell’azienda per le tematiche sociali. L’impresa in passato ha più volte messo in campo iniziative contro le guerre, creando ad esempio bottiglie tematiche per stigmatizzare le conseguenze dei conflitti più sanguinosi. Nel 2000, in collaborazione con il Centro Internazionale per la pace fra i Popoli di Assisi, è nata la bottiglia “Millennium for Peace” per finanziare aiuti umanitari a favore dei Paesi africani funestati da sanguinosi conflitti regionali. Nel 2015, a 70 anni dalla prima bomba atomica sganciata dagli americani nella seconda Guerra mondiale, ha preso forma il progetto “Spirit of Peace”, con un’istallazione esposta con il patrocinio del Comune di Hiroshima in tre diversi musei della città simbolo della tragedia nucleare. 


L’ANNIVERSARIO

Nel ventennale della tragedia delle Torri Gemelle, la scelta è stata quella di sostenere il progetto artistico di un proprio dipendente. «Il libro - spiega Camilotto - verrà presentato in novembre all’auditorium Dina Orsi di Conegliano e racconta quella che è stata una esperienza fortissima che riesco a riassumere con una sola parola: surreale». Il reportage del fotografo trevigiano è essenziale nella sua drammaticità: le foto in bianco e nero ritraggono diverse angolature delle Twin Towers in fumo, il fiume di gente che si allontana a piedi da Manhattan, la città prima e dopo il disastro. «In una manciata di minuti, troppi i fatti spaventosi e troppe le emozioni che avevano riempito il mio cuore e sconvolto il mio corpo - scrive Camilotto nel racconto che accompagna le fotografie -. A volte, rivedendo quelle immagini, sento ancora la stessa morsa di dolore alla gola e allo stomaco. Ero spettatore inerme di una catastrofe, giovane comparsa in un teatro di morte e, soprattutto, piccolo, troppo piccolo anche solo per pensare. Avevo solo paura. Camminai per ore e quando tornai a casa, nell’East Village, ormai era sera. Solo una volta varcata la soglia, mi resi conto di quanto tempo fosse passato, avevo un buco temporale di molte ore. Ancora oggi, dopo vent’anni, non so cosa abbia fatto in quelle ore di vuoto fisico e mentale». 


LO SHOCK

Troppo grande il trauma, impensabile ciò che è accaduto. Anche per un uomo avventuroso come Camilotto, che ad appena vent’anni ha trascorso tre mesi e mezzo a Mogadiscio durante la guerra civile in missione di pace con l’Onu e a 28 è stato rapito e tenuto in ostaggio per ore a Città del Messico. «L’11 settembre è stato qualcosa di più, sembrava di essere in un film - ricorda - ogni anno all’anniversario rivivo quei momenti, rivedo i volti delle persone, ho i flash di alcuni episodi, come quando un signore sconvolto che aveva visto i corpi schiantati al suolo mi ha chiesto il telefono per chiamare a casa o l’immagine del gruppo di persone attorno a un taxi per capire dalla radio cosa fosse accaduto». «Quell’11 settembre - scrive Camilotto alla fine del racconto - aveva cambiato la mia esistenza. Nulla sarebbe stato più come prima: la scala dei miei valori era radicalmente mutata». Anche la città era radicalmente cambiata. «Ma quando la lasciai per tornare in Italia salii sul tetto dell’edificio dove abitavo e prima di scendere mi voltai per l’ultima volta e sorrisi: New York, come una moderna fenice, sarebbe risorta dalle sue ceneri». 

Ultimo aggiornamento: 16:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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