L'oncologo: «Bisogna dire ai familiari
che a volte è meglio sospendere le cure»

Giovedì 17 Maggio 2012 di Mauro Favaro
L'oncologo Antonio Orlando e un laboratorio del Cro di Aviano
TREVISO - Siamo assolutamente d'accordo con l'allarme lanciato da Claudio Dario: spesso ci sono malati in fase terminale sottoposti a cicli di cure con farmaci che alla fine sono semplicemente inutili. Anche perché i medici faticano a dire alle famiglie e agli stessi pazienti che oltre a un certo punto non serve andare e che, anzi, è meglio concentrarsi sulla qualità della vita». Il punto di vista di Antonio Orlando, uno degli oncologi più famosi della Marca, responsabile sanitario dell'Advar, associazione che ospita e assiste malati di tumore in stadio avanzato, è precisamente in linea con le preoccupazioni espresse dal direttore generale dell'Usl 9.



«Con queste difficoltà economiche tra poco sarà difficile giustificare, soprattutto a chi fa fatica a sbarcare il lunario, che si possono spendere anche oltre 200 mila euro l'anno per pagare le cure di un solo paziente - ha detto chiaro e tondo prendendo il microfono al convegno "Il governo della spesa del farmaco" - . Un paziente che magari non ha davanti a sé che poche settimane di vita». Nessuna porta aperta a scelte drastiche, beninteso, semmai la necessità «di essere certi dell'efficacia dei trattamenti che si vanno a fare per utilizzare al meglio le risorse». Quello che non serve, insomma, non serve. Il paradigma, però, per essere valido deve essere prima interiorizzato dagli stessi medici che, a quanto sembra, invece di guardare alle cure palliative, spesso prescrivono l'uso di farmaci ad alto costo a chi ha aspettative di vita risicatissime.



«Invece si deve avere il coraggio di dire basta prima delle ultime settimane o degli ultimi giorni: negli ultimi 3 mesi si deve pensare alla qualità della vita - spiega l'oncologo - ma serve preparazione, tempo e luogo adatto per spiegare alle famiglie che i farmaci non sono più utili. E così capita che per i dottori sia molto più semplice continuare a fare cicli che fermarsi».



In questo contesto delicatissimo, poi, si inserisce anche la questione della spesa. Somme monstre per risultati minimi se non addirittura per nulla. E parlare con le case farmaceutiche «per trattare il costo di medicinali che consentono un modesto incremento della qualità e della durata della vita», come suggerisce Dario, non è una passeggiata.



«Bisogna dedicare molta attenzione ai colloqui per spiegare alla famiglia e al malato terminale che, se altrove promettono di continuare le cure vendono false speranze, tra l'altro con procedimenti sperimentali e ancora più costosi - conclude Orlando - è necessario fare molta strada sul piano della comunicazione perché i costi sono alti per le strutture sanitarie ma lo sono ancora di più per le famiglie».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 20:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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