Intelligenza Artificiale, Marca bocciata. L’economista Minello: «Su 80mila imprese solo 4mila usano la nuova tecnologia. Rischiamo una nuova fuga di cervelli»

Mercoledì 17 Aprile 2024 di Paolo Calia
intelligenza artificiale foto freepik.com

TREVISO - Le aziende della Marca stanno accumulando un notevole ritardo sul fronte dell’Intelligenza Artificiale: «E in questo settore non è semplice recuperare», osserva Alessandro Minello, economista e docente di Ca’ Foscari. Il rischio è che il ritardo si trasformi presto in una progressiva perdita di competitività sui mercati. Scenario deleterio. Minello ha fatto un’analisi dai contorni inquietanti: «Nella nostra provincia - dice - solamente 4mila imprese circa sulle 80mila attive hanno introdotto nei loro processi produttivi una o più soluzioni di intelligenza artificiale. Applicando i valori nazionali Istat, tra le aziende che non hanno ancora introdotto alcuna soluzione di IA solamente il 4% vorrebbe farlo». Tradotto: 4mila sono le aziende che, in qualche modo, hanno iniziato a utilizzare l’Intelligenza Artificiale nei loro sistemi produttivo; mentre appena tremila si dicono interessate a farlo nel prossimo futuro. Un numero esiguo che potrebbe scavare un solco incolmabile tra il nostro sistema economico e le imprese più avanzata.

I SETTORI

«L’Istat - continua Minello - considera sette tipologie di IA: quelle usate per analizzare documenti di testo; quelle per convertire la lingua parlata in un formato leggibile dal dispositivo informatico; quelle per generare linguaggio scritto o parlato; quelle per identificare oggetti o persone sulla base di immagini o video; quelle per l'analisi dei dati attraverso l’apprendimento automatico; quelle per automatizzare i flussi di lavoro o supportare nel processo decisionale; quelle per consentire il movimento fisico delle macchine tramite decisioni autonome basate sull'osservazione dell'ambiente circostante.

Uno degli effetti cui stiamo assistendo è la polarizzazione della concentrazione dell’uso degli strumenti di IA tra le imprese a vantaggio di quelle più grandi. Al contrario le imprese più piccole ne utilizzano pochi o nessuno».

LE DIFFICOLTÀ

L’allarme di Minello risuona in una provincia, in genere, molto attenta all’innovazione. Ma che in questo caso non sta avendo la prontezza di riflessi necessaria: «L’impatto dell’intelligenza artificiale sarà talmente grande e paragonabile a quello dell’invenzione della stampa avvenuto nel XVI secolo», sottolinea. E lo dimostrano altri numeri: «Gli ostacoli maggiori all’adozione dell’IA sono soprattutto legati alla mancanza di competenze specifiche interne all’azienda e la scarsa comprensione delle potenzialità concrete della tecnologia IA. Mentre i costi non rappresenterebbero un grosso ostacolo. Dal lato dei lavoratori quelli inseriti nelle aziende che oggi utilizzano strumenti di intelligenza artificiale, nella nostra provincia sono poco meno di 20mila su un totale di 329mila addetti».

POSSIBILITÀ

Adeguarsi” dovrà essere la parola d’ordine per le imprese trevigiane. E non solo per non accumulare troppo ritardi nei confronti di chi sta già investendo nel futuro, ma soprattutto per non perdere possibilità di crescita. L’economista trevigiano è molto chiaro: «Le imprese trevigiane che riusciranno ad integrare crescenti dosi di IA potranno, a regime, conseguire aumenti, in media, di produttività di circa il 20%, mentre a livello macro l’incremento di produttività è stimato, annualmente, di 1,5 punti percentuali (Fonte: Sace-Fondazione Enel, 2024). A beneficiarne di più potrebbero essere proprio le imprese minori ed i settori più tradizionali. In tal senso l’IA rappresenterebbe un fattore non solo di sviluppo, ma anche di riequilibrio rispetto alla situazione attuale che vede le piccole imprese maggiormente penalizzate in materia digitale». Fondamentale sarà avviare un piano di formazione «che interesserà almeno 50mila imprenditori e circa 250mila lavoratori. Si attuerà un nuovo rapporto uomo-macchina, dove la componente umana continuerà a governare il dialogo con la tecnologia che sarà complementare all’uomo stesso». Non farlo comporterebbe un grosso rischio: una fuga mai vista prima di talenti verso zone più tecnologicamente avanzati. «Solo questo effetto potrebbe indurre nella nostra provincia, nel prossimo decennio, una emigrazione netta di almeno 2-3mila giovani», conclude Minello. Un pericolo troppo grande.

Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 10:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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