Gino Vignali, da "Zelig" alle sfide del giallo: «Il segreto sono i personaggi: devono essere forti»

Sabato 25 Marzo 2023 di Chiara Pavan
Gino Vignali ospite di Treviso Giallo col nuovo romanzo "I milanesi si innamorano il sabato"

Il segreto sono i luoghi: definiscono personaggi, regalano atmosfere, fanno affiorare sentimenti potenti, quelli tanto cari al giallo, come vendetta, rabbia, odio, amore. E visto che gran parte dell’Italia era già stata “occupata”, dalla Sicilia di Montalbano alla Val d’Aosta di Rocco Schiavone, Gino Vignali ha optato per Rimini, «nessuno ci aveva messo la bandierina», e il lago di Como. Rimini, terra d’infanzia da parte di mamma, set ideale della prima tetralogia iniziata con “La chiave di tutto”, e Como, luogo di adozione in cui rifugiarsi, cuore pulsante del nuovo romanzo, “I milanesi si innamorano il sabato” (Solferino), al centro dell’incontro di venerdì 24 marzo a Santa Caterina, per il festival “Treviso Giallo”. Il celebre autore, il Gino della famosa coppia Gino & Michele che ha attraversato la storia comica e satirica degli ultimi 50 anni, da Zelig alle raccolte “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano” nel 2018 si è messo in solitaria a scrivere gialli, sfornando un libro dietro l’altro, «una sorta di tetralogia legata alle stagioni».

Ora il nuovo corso, sul lago di Como, vicino alla villa di Clooney, dove approda, da Rimini, la sua protagonista Costanza Confalonieri Bonnet, chiamata ad affiancare un pignolo commissario, Giovanni Armani.

Costanza Confalonieri Bonnet: ma dove ha pescato questo nome?

(risata) «Costanza è la protagonista della precedente tetralogia riminese che nel nuovo romanzo affianca il pignolo commissario Giovanni Armani. Mi piaceva una protagonista che non avesse tutti i problemi degli investigatori, che alle spalle hanno ferite incredibili o drammi di famiglia incolmabili, un tratto molto anglosassone, come dire: solo chi ha il male dentro riesce a capire il male e combatterlo. Invece io volevo una donna realizzata, bella, intelligente, l’unico rischio che correvo, dandolo tutte queste virtù, era che risultasse antipatica. Il troppo perfetto non piace, ma poi credo che col tipo di scrittura che ho, una scrittura che arriva dal comico, di essere riuscito a stemperare la perfezione».

Il titolo è un omaggio a Scerbanenco.

«Un omaggio esplicito al suo “I milanesi ammazzano al sabato (perchè gli altri giorni lavorano)”, uscito nel 1968, un classico per definizione della letteratura gialla milanese. E’ stato mio papà a introdurmi al genere, Scerbanenco all’epoca era unico in Italia, un apripista. E dopo ho continuato, e mi sono appassionato, ho letto tutti e di tutto. Quindi rimango sempre uno che fa un altro mestiere, ma con la passione per il giallo».

Tutto nasce nel “vuoto” di Zelig.

«Quando nel 2016 abbiamo chiuso Zelig per la prima volta, ci si sono aperte praterie di tempo da riempire: stavo leggendo un giallo di Alessando Robecchi, che mi piaceva molto, e mi sono chiesto: ma se io scrivessi un giallo? Scriverei come lui: penso esista una scuola milanese, di scrittura intendo, che parte da Umberto Simonetta, passa da Gianni Brera, Beppe Viola, e poi Robecchi, ma anche noi Gino & Michele, una scuola riconoscibile, con la sua cifra stilistica. Così mi sono chiesto se sarei stato capace di farlo, e ci ho provato: è nato “La chiave di tutto” ambientato a Rimini sotto la neve, cui sono seguiti “Ci vuole orecchio”, “La notte rosa”, Come la grandine”».

Ma lei cosa legge?

«Degli italiani leggo tutto, ma anche degli anglosassoni. Sono tanti, e li amo tutti. Ho le mie passioni, Robecchi mi piace tanto, ma anche Manzini, quello di Rocco Schiavone. Michael Connelly credo sia l’autore di cui ho più libri, adoro il suo Bosch, serie tv compresa. Il vero problema è che nel giallo le storie sono sempre quelle: dopo che Agatha Christie ha scritto “Dieci piccoli indiani”, ossia la trama perfetta, il sogno di tutti i giallisti è di trovare qualcosa che abbia quelle caratteristiche, ma ovviamente è difficile. Quindi non bisogna tanto puntare sulla storia, quanto sui personaggi, che devono restare impressi. Penso a Bosch, Rocco Schiavone, Montalbano, il lettore deve affezionarsi al protagonista».

Il giallo racconta il nostro mondo.

«È bello perchè offre la possibilità, di entrare nel quotidiano se non nella cronaca, senza aspirazioni letterarie, senza pensare che lasci il segno nella letteratura mondiale. La forza del giallo è questa: parlare semplice, raccontare personaggi, descrivere ambienti e farti appassionare».

A Rimini la ameranno.

(risata) «Sono popolarissimo. Costanza vive a Grand Hotel di Rimini. Quando ci vado, mi accolgono come se fossi Fellini. Un bel legame in effetti. Amo molto Rimini, ho la residenza lì».

E Como?

«Quelle sono zone di mia moglie, abbiamo una casa a Lanzo d’Intelvi, paese di confine con la Svizzera. E dovendo scegliere un altro luogo che conosco, mi sono appoggiato a un’altra situazione che conosco bene. Quando sono partito da Rimini c’era una cosa che mi convinceva, e cioè che Rimini è la scena del crimine perfetta: è una delle città più violente d’Italia. Sempre a secondo posto dopo Milano: quando fanno queste statistiche prendono il numero di reati e lo dividono per quello di abitanti, che sono circa 130mila, senza calcolare che Rimini, d’estate, ha un’affluenza di milioni di persone, e quindi i reati di moltiplicano».

Che “formica” è adesso? Sempre incazzata?

«Diciamo che con gli anni che passano, si tendono ad attenuare le pulsioni satiriche e rabbiose nel corpo. Anche se è vero, questo non è il più bel periodo che abbiamo vissuto in generale sulla politica. Difficile trovare persone, uomini e donne, con le quali identificarsi e dire “tu mi rappresenti”, per cui rimane un generica adesione a un partito ma non a una persona. Il dramma di questi anni, poi, è la precarietà dei nuovi personaggi politici».

Continuerà con il giallo?

«Non lo so ancora. Non so ancora se rimarrò a Como o tornerò a Rimini, prima dell’estate penso che scioglierò il dubbio. D’altra parte mi spiace abbandonare questo mondo, mi sono divertito a scrivere. A Rimini ho una appartamento al 6 piano che si affaccia sul mare e quando mi metto alla scrivania, davanti al mare, beh, è bellissimo. Vedo come cambia il paesaggio davanti a me col passare delle stagioni, un mondo cangiante e bello. Difficile non ritornare a farmi emozionare dalla vista».

Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 16:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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