Via ai trasferimenti dei profughi: l'ex caserma Serena si svuota dopo le proteste

Domenica 14 Giugno 2020 di Alberto Beltrame e Paolo Calia
La polizia davanti alle caserme Serena

TREVISO Come promesso, l’ex caserma Serena è stata blindata. Fino al 21 giugno i 313 richiedenti asilo che si trovano al suo interno sono in regime di quarantena: nessuno può entrare o uscire. E dopo le tensioni degli ultimi giorni le forze dell’ordine hanno allestito un presidio permanente: lungo la strada su cui si affaccia l’ingresso stazionano permanentemente una camionetta della polizia, una volante e le pattuglie dei militari dell’Arma. Ieri comunque tutto è filato liscio. Nessuna protesta, nessuna recriminazione. Il peggio sembra passato. E quando il regime d’isolamento sarà finito, scatterà la fase due: la riduzione del numero delle persone ospitate. Intanto il primo provvedimento: «I protagonisti dei tafferugli dell’altro giorno, una trentina di ragazzi, potrebbero essere espulsi dal sistema dell’accoglienza», annuncia il prefetto Maria Rosaria Laganà.
IL PIANO
L’obiettivo principale adesso è ridimensionare il numero di richiedenti asilo. «Un numero che va ridotto - conferma il prefetto - ci stavamo lavorando già prima della pandemia, a maggior ragione lo faremo adesso dopo quello che è successo. Non potremo spostare chissà quante persone, ma sicuramente qualche decina». La Prefettura dovrà comunque muoversi con grande attenzione: «Ci sono dei contratti da rispettare con i gestori delle strutture che prevedono la presenza di un certo numero di ospiti. Ma nei centri più piccoli alcuni posti si stanno liberando e, appena il ministero ci darà l’autorizzazione, possiamo fare degli spostamenti. Poi il prefetto, per motivi di ordine pubblico, ha la facoltà di fare ulteriori trasferimenti da un posto all’altro. E lo faremo».
LA CRITICA
«Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità - afferma Antonio Calò, il professore del Canova diventato il simbolo di un modello di integrazione diverso, tutto puntato sulla condivisione e sull’altruismo -. La caserma Serena non doveva più esistere da tempo: l’accoglienza diffusa avrebbe evitato il problema degli assembramenti e assicurato un maggiore controllo. E invece si è andati nella direzione opposta, portando avanti a livello nazionale una politica aggressiva e discriminatoria». La ricetta predicata da Calò, già premiato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con l’onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica, è quella del rispetto della dignità umana: «Finchè andava tutto bene, nessuno ha pensato alle condizioni in cui hanno vissuto il lockdown i richiedenti asilo stipati nella caserma per mesi e mesi. E non è colpa delle cooperative, ma di chi ha stabilito le regole dei bandi, abbassando di volta in volta i fondi per l’assistenza e affidando l’accoglienza a chi non ha mai avuto esperienza nel campo della solidarietà. Servono competenze per trattare con i migranti. Come li hanno informati di quello che sarebbe successo, di come funzionavano i tamponi e cosa si sarebbe dovuto fare? Come si può non comprendere la tensione in persone che aspettano da anni un’identità giuridica e che vengono costrette a vivere in una caserma? Si tratta di condizioni che sarebbero state definite di certo inumane da qualsiasi cittadino europeo».
Calò si dice comunque favorevole ad isolare ed eventualmente espellere chi ha condotto la rivolta, «ma il discorso va riportato sul tema del tipo di accoglienza che possiamo e dobbiamo attuare, partendo dalle leggi sull’immigrazione, che vanno totalmente riviste.

Io sono pronto a dare il mio contributo. Il rischio, se si continua ad alimentare il razzismo e l’indifferenza nei confronti degli altri, è la deriva sociale». 

Ultimo aggiornamento: 09:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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