Il fratello di Bledar Dedja: «Forse ha visto qualcosa che non doveva»

Parenti e amici dai carabinieri: «Non riuscivamo a trovarlo. Non aveva debiti, non beveva». La cognata: «Ultima telefonata alle 16,15, poi più nulla»

Lunedì 22 Gennaio 2024 di Paolo Calia
Il fratello di Bledar Dedja: «Forse ha visto qualcosa che non doveva»
ASOLO - «Non so cosa sia successo, è stato un fulmine a ciel sereno. Impossibile prevederlo o anche solo pensarci perchè Bledar era una persona buona come il pane. Una cosa la so però: adesso vogliamo giustizia. Forse ha visto o sentito qualcosa che non doveva». Volto tirato, un italiano parlato mescolando albanese e dialetto, gli occhi lucidi. Il fratello maggiore di Bledar Dedja è fermo davanti al cancello d’ingresso della stazione d’ingresso dei carabinieri di Asolo: «Scriva solo che sono il fratello e che qui c’è anche nostra sorella. Non metta i nostri nomi, non vogliamo». Nonostante il dolore, la diffidenza verso l’estraneo che fa domande è comunque tanta. Anche lui è stato sentito da chi conduce le indagini. Accanto ha la moglie. Poi più in là, dall’altra parte della strada, la sorella, che piange disperata seduta su un marciapiede circondata da parenti e amiche: «Io voglio giustizia, mio fratello era un buono. Ci devono dire chi è stato, sicuramente si tratta di più persone – dice la donna – bisogna capire dove è stato, in che bar, quante gente è passata. Ci devono dire perchè è stato ucciso. Bledar non aveva problemi con la droga o di soldi». Davanti alla stazione si formano capannelli di persone: parenti della vittima, conoscenti, amici. C’è Marco Barbi di Pagnaro d’Asolo: è stato lui a ritrovare il cadavere e ha appena finito di raccontare tutto quello che sa ai carabinieri. Lui e Bledar dovevano vedersi per andare a pescare al mare. E quando alle 2 del mattino non lo ha visto si è insospettito e ha iniziato a cercarlo. Tutti si chiedono cosa possa essere successo. «Io voglio sapere - continua il fratello, che lavora per Contarina - Bledar era un gran lavoratore. L’ho portato io, da piccolo, in Italia. Ha sempre lavorato, si è sempre dato da fare. Ha fatto a lungo il muratore, solo di recente aveva cambiato per guadagnare qualcosa di più. Era a posto, non beveva, non aveva debiti, non gli mancava niente. Era uno tranquillo ha sempre lavorato giorno e notte».
LA RICOSTRUZIONE
Mentre cala il buio e la temperatura, si cerca di ricostruire le ultime ore di Bledar: «Io l’ho sentito al telefono alle 16,15 di sabato - dice la cognata della vittima - una telefonata normale. Poi basta». E il fratello aggiunge: «Era partito ieri mattina da casa per andare a lavorare. È stato al lavoro fino alle 16. Poi è andato in un altro posto con degli amici. Pensiamo che magari ha scoperto qualcosa e così l’hanno ucciso. Devono guardare tutte le telecamere di bar e ristoranti di Fonte, il tracciato del suo telefono che dalle 3 di mattina non ha più squillato. Qualcosa deve venire fuori».
A CASA
In via Tiepolo ad Asolo, al civico 3, non si muove nulla. Ai quattro campanelli della palazzina, tutte famiglie straniere, non risponde nessuno. Le tapparelle di casa Dedja sono tutte chiuse. Da un terrazzo accanto si affaccia solo un ragazzo che dice di non sapere nulla dei vicini. Poi arriva una Mercedes grigia. Scende Loretta: «Abitiamo proprio sopra di loro. Abbiamo saputo quanto successo e non ce lo spieghiamo. Sono una famiglia tranquilla: mamma, papà e due bambini. Sono qui da tre-quattro anni. Hanno comprato l’appartamento e sono sempre gentili con tutti. Veramente è incredibile, non riusciamo a farcene una ragione».
Ultimo aggiornamento: 10:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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