Il libro di Barraud sopravvisuto alla strage del Bataclan: «Questa è la mia seconda vita»

Sabato 11 Dicembre 2021 di Tina Ruggeri
LA SERATA Barraud si è raccontato nell’incontro con l’autore organizzato al cinema Edera

TREVISO  - E’ entrato nel foyer del cinema Edera e subito è stato avvolto dai caldi abbracci degli amici trevigiani che negli anni di militanza al Rugby Mogliano hanno condiviso momenti felici con lui. Dirigenti, ex compagni di squadra ma anche gente comune, desiderosa di ascoltare la sua terribile esperienza: ferito è miracolosamente sopravvissuto alla notte dell’attacco terroristico al Bataclan di Parigi. Una vicenda che gli ha cambiato la vita e che adesso ci offre un Aristide Barraud completamente diverso, nuovo.

IL RACCONTO

«La mia è una seconda vita - racconta emozionato l’ex campione di rugby francese mentre si scuote con le mani i riccioli neri in testa e socchiude gli occhi cercando lo sguardo dei tanti amici che sono arrivati a Treviso per festeggiarlo -.

Il libro, la mia vicenda mi hanno dato una seconda chances. Pagine scritte in un momento complicato e che mi ha tenuto lontano dallo sport tanto amato».


Aristide Louis Félix Barraud ha 32 anni, è nato a Saint Cloude, nella banlieue parigina. Giocava a calcio da piccolino, poi il rugby sceglie lui: «Amavo il calcio. Non ne volevo sapere del rugby, ma nella mia famiglia tutti giocavano con la palla ovale. Alla fine ho ceduto». Ha una brillante carriera sportiva il francese, gioca da mediano di apertura. Ma un destino crudele lo attende a Parigi il 13 novembre del 2015. Negli attentati di matrice islamica, Aristide, mentre si trova davanti ad un ristorante cambogiano, rimane vittima di una sparatoria. Si contano 130 morti. Lui rimane gravemente ferito a un polmone, alle costole e a un piede, riporta anche una lesione al tendine di Achille nel proteggere la sorella minore che era accanto a lui. Nonostante una eroica e lunga battaglia per ritornare ad imbracciare la palla ovale è costretto a rinunciare a praticare lo sport che ama e a cui è rimasto legato. E diventa “ambasciatore” del rugby. Collabora allo sviluppo di questo sport in Africa e ha contribuito alla nascita dei primi campionati di rugby nel continente africano. Ma il suo legame con il Mogliano, nel quale ha militato dal 2014 al 2017 rimane forte.

SENZA PALLA OVALE

«Mi manca tutto di questo sport. L’amicizia, il gruppo, il collettivo, il giocare, la solidarietà, l’amicizia. E’ in favore dei tanti amici che ho qui in Italia che ho voluto scrivere anche questo libro. Ho trasformato questa esperienza di dolore e di difficoltà in parole e pensieri su carta. Per risentire le sensazioni del gioco, della palla e di vivere con il gruppo. A Mogliano devo tanto, i trevigiani mi hanno permesso di crescere, di continuare a vivere nell’ambiente del rugby, mi hanno sostenuto in ogni decisione presa anche dopo l’attentato. Una squadra molto forte, fantastica, la squadra più forte con la quale abbia giocato. A Mogliano e Treviso mi sento sempre a casa, un posto di riferimento, mi fa sentire bene e mi fa capire che anche in un’altra zona d’Europa c’è gente che mi vuole bene».


Il libro ha dato a Aristide una seconda vita, lui che era studente di storia, tecniche ed estetica del cinema alla Sorbona:«Scrivere è diventata la mia passione. Ho iniziato a scrivere sui muri di Parigi per esternare il mio dolore. Queste scritte sono state notate da persone influenti. E ho intrapreso la mia carriera di scrittore. Sono considerato tra i migliori scrittori emergenti in Francia e sono diventato anche fotografo. Sto realizzando una vita al di fuori del rugby anche grazie agli amici trevigiani che mi hanno spronato a percorrere nuove strade, un tempo per mie sconosciute. E sono contento di essere sopravvissuto».

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