ROVIGO - Ritenendo illegittima la sospensione senza stipendio decisa nei suoi confronti perché, secondo quanto previsto dalla legge, come medico non ha adempiuto all'obbligo di vaccinarsi, uno specialista ambulatoriale dell'Ulss Polesana ha fatto ricorso al Tar, il Tribunale amministrativo regionale.
IL RICORSO
Il ricorso è stato notificato all'Ulss Polesana il 9 novembre e, mercoledì scorso, con deliberazione del direttore generale Patrizia Simionato, l'azienda ha stabilito la propria costituzione in giudizio e di nominare come proprio legale l'avvocato Maria Luisa Miazzi.
L'ultima rilevazione regionale, ormai tre settimane fa, indicava in 39 il numero di dipendenti dell'Ulss 5 sospesi perché renitenti al vaccino. Di questi, ben cinque sono i medici, uno medico di famiglia. Di fatto ancora nessun provvedimento ha interessato i dipendenti delle strutture private, mentre sul fronte del personale dipendente dell'Ulss Polesana, il numero si è dimezzato ridotto rispetto alle stime di fine estate che avevano individuato un'ottantina di persone non vaccinate.
IRRIDUCIBILI
Molte delle quali hanno poi scelto di farsi somministrare il vaccino. Gli irriducibili, incappati nella sospensione senza stipendio, ma con conservazione del posto, sono quindi 39, pari al il 4,7% degli 837 dipendenti di tutte le aziende sanitarie del Veneto e lo Iov. In tutto i medici sospesi in Veneto sono 36. La strada del ricorso al Tar contro la sospensione si è rivelata infruttuosa per i medici che hanno tentato di percorrerla: dal Tar della Puglia a quello del Lazio, passando per quello del Friuli Venezia Giulia si susseguono le pronunce dei giudici amministrativi contrarie a chi chiede l'annullamento. Al di là dei singoli documenti impugnati sul tema più generale dell'obbligo vaccinale i Tar hanno rimarcato la propria non competenza, negando sospensive delle sospensioni, ma in più di un caso si sono spinti oltre. Il Tar del Friuli-Venezia Giulia con sentenza del 10 settembre, ha respinto il ricorso di una dottoressa sottolineando: «Si ritiene che la primaria rilevanza del bene giuridico protetto, cioè la salute collettiva, giustifichi la temporanea compressione del diritto al lavoro del singolo che non voglia sottostare all'obbligo vaccinale: ogni libertà individuale trova infatti un limite nell'adempimento dei doveri solidaristici, imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene (articolo 2 della Costituzione)».
F. Cam.