Ucraina, partono i primi furgoni di Bandiera Gialla con cibi, farmaci e vestiti

Mercoledì 9 Marzo 2022 di Nicola Astolfi
La preparazione dei pacchi da mandare in Ucraina

ROVIGO - Davanti alle immagini che arrivavano dall’Ucraina, Inna una settimana fa ha detto: “Basta. Bisogna fare qualcosa”. Il marito Nicola, che in piazza Annonaria ha una nota macelleria, non ha perso tempo e le ha detto di conoscere una persona fidata e un’associazione alle quali potevano rivolgersi subito. Dal 1° marzo, con il primo contatto, a ieri, Festa della donna, l’organizzazione di volontariato rodigina Bandiera gialla era già pronta a caricare i primi due furgoni che stamattina sono partiti per Varsavia: «Da Rovigo il primo carico di aiuti è partito da San Bortolo grazie alla parrocchia e ai volontari della Comunità di Sant’Egidio, attraverso Sergey, che è qui da 20 anni e che fa da tramite anche per noi in questo primo viaggio, che vorremmo fosse uno di tanti: magari uno ogni settimana, finché purtroppo saranno necessari. Allo stesso tempo, diamo disponibilità per l’accoglienza dei profughi: sabato, forse, arriveranno a Rovigo otto persone», spiegava ieri il presidente di Bandiera gialla, Davide Sergio Rossi. Accanto a lui, Luigi Paulon: «Nell’organizzare i viaggi degli aiuti viviamo “alla giornata”, nel senso che le partenze potranno variare secondo le disponibilità che abbiamo, e in base alle richieste che riceveremo. I furgoni arrivano a Varsavia e lì, attraverso i contatti con la Caritas e la Croce rossa, arrivano nei presidi di accoglienza per la distribuzione dei beni: si scaricano, e passano subito sui furgoni in arrivo dal’Ucraina». «Che sono furgoni guidati da donne - precisava subito Rossi - perché la legge marziale impedisce agli uomini di espatriare». La staffetta organizzata così da Bandiera gialla, è dunque diretta: cibo in scatola, medicinali e vestiario soprattutto per bambini, arrivano ai luoghi in cui c’è più bisogno, ed entrano in Ucraina attraverso la Volhynia, storica regione nord-occidentale. In questo primo viaggio della solidarietà, insieme al furgone di Bandiera gialla guidato da Bruno Altieri e da un ragazzo ucraino, c’è quello che ha messo a disposizione Davide Boscolo, che si sta alternando al volante con il figlio Nicola: per coprire i 1.300 chilometri di distanza con Varsavia, occorrono 15 ore circa. Al centro di raccolta di Bandiera gialla, invece, gli arrivi sono continui. All’ex Centro gomme in viale Tre Martiri 161 la solidarietà funziona con risultati straordinari, misurati in scatole e scatoloni di vestiario pulito e di buona qualità, scarpe, giacconi, coperte, medicinali di prima necessità, confezioni di latte e scatole di tonno: «Serve tutto ma soprattutto cibo, a lunga conservazione», spiega Inna, che vive a Rovigo da anni e che nel centro di raccolta di Bandiera gialla s’è messa a disposizione a tempo pieno, per reagire agli orrori della guerra e al futuro incerto dei suoi connazionali sotto la minaccia dei bombardamenti, e per aiutare donne spaventate in fuga, con i figli che tengono per mano o in braccio, e gli anziani dal passo triste sbattuti al freddo, che forse non è così freddo come quello d’aver perso il calore di casa. Sono una quindicina i volontari attivi nel centro rodigino. E tra loro c’è Veronika, 16enne arrivata lunedì a Rovigo da Rivne, e 24 ore dopo pronta a inventariare scatola per scatola gli aiuti rodigini che Bandiera gialla farà arrivare in Ucraina. Anche Ludmilla s’è messa subito a disposizione: lei ha lasciato i genitori a Vinnytsia, dove ormai ogni genere alimentare scarseggia e non si possono fare prelievi bancari. E dove l’esercito russo ha già bombardato l’aeroporto. Ora è ospite a Corte Benetti, l’agriturismo alla porte di Rovigo, dove lavora il fratello. Lei invece lavorava in un albergo, e solo per poche ore è sfuggita alle violenze di separatisti filorussi. Si sono infiltrati nei corridoi umanitari e si compiacciono anche di azioni come queste: sequestrare persone, legargli le mani e gettarle a faccia in giù sulla neve lasciandole al freddo, come è successo a parte del personale dell’albergo dove lavorava Ludmilla. Nel viaggio in treno da Leopoli, invece, è entrata in un fiume di tremila profughi; è salita su vagoni stipati da 250 a 300 persone l’uno, e ha visto famiglie disperate far salire i figli dai finestrini e abbandonare i loro pochi bagagli, almeno per lo spazio di un posto in treno. I famigliari di Inna, invece, sono a Chernivtsi: «Ho parenti anche a San Pietroburgo, e dicono di non poter fare niente perché la repressione è feroce. Ho amici scappati da Kiev.

Ma il nostro popolo non vuole mettersi in ginocchio. Sarà dura, ma sono convinta che vinceremo».

Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 13:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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