Solo 12 consiglieri regionali
rinunciano al tfr, scatta il ricorso

Venerdì 29 Luglio 2016 di Alda Vanzan
La consigliere dei 5Stelle, Patrizia Bertelle
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VENEZIA - Era stato uno dei temi più gettonati della campagna elettorale del 2015: basta privilegi alla casta, le indennità di fine mandato devono cessare. L’aveva scritto il leghista Luca Zaia nel suo programma: «Elimineremo l'assegno di fine mandato dei consiglieri regionali». L’aveva promesso la candidata governatrice del Pd Alessandra Moretti: «Abolirò l’assegno che ogni consigliere percepisce a fine mandato, ottenendo un risparmio di 2 milioni di euro in 5 anni». Idem Jacopo Berti del M5s: «Basta assegni di fine mandato». Ebbene, non solo l’assegno di fine mandato - in gergo Tfr - c’è ancora, ma 39 consiglieri su 51 hanno deciso di tenerselo stretto e di non rinunciarvi. E ad essere precisi non è neanche vero che solo in 12 hanno detto "no, grazie", perché tra i 12 ci sono almeno sei consiglieri "anziani", cioè presenti a Palazzo Ferro Fini da più di due mandati e che dunque l’assegno l’hanno già maturato. Ma chi sono i 39 che hanno detto sì?
Da mesi sta provando a saperlo una dei pochi che al Tfr ha rinunciato: Patrizia Bartelle del M5s. E siccome a Palazzo Ferro Fini così come dal Garante (quello che una volta si chiamava Difensore civico), la pentastellata ha trovato solo muri di gomma, si è infine decisa di rivolgersi al Tar. E anche questa è una novità assoluta perché, a memoria, non risultano precedenti di consiglieri regionali che impugnano un provvedimento di un organo dell’ente di cui fanno parte. Bartelle, però, si era stufata di sentirsi dire no con la scusa della privacy: l’assegno di fine mandato - sostiene - viene pagato con soldi pubblici e va detto chi ha deciso di averlo. E i consiglieri regionali - aggiunge - in base allo statuto devono avere tutte le informazioni.
Un passo indietro per capire cos’è e com’è cambiato il "Tfr" in Regione. Quando un consigliere cessa dal mandato, o muore o si dimette, ha diritto a un assegno pari a una mensilità dell’indennità di carica lorda (6.600 euro) per ogni anno di effettivo mandato, fino a un massimo di 10 anni. Quindi 6.600 per 5 significa che dopo una legislatura ci si porta a casa circa 33mila euro. Di questi, oltre 21mila euro li mette la Regione perché il singolo consigliere versa solo una quota mensile di 198 euro. L’altra novità è da questa legislatura i consiglieri devono specificare, entro una determinata data, se optano per tale trattamento.
Ecco, alla richiesta di Bartelle, l’unico dato fornito dal dirigente capo dei Servizi Affari generali è stato quello numerico: su 51 consiglieri, 39 hanno optato per il Tfr, cioè hanno scritto una letterina dicendo sì lo voglio. Per sapere chi sono i 39, Bartelle è tornata più volte alla carica, rivolgendosi anche al presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti (che continua a ripetere che i nomi non possono essere resi noti «perché non è un procedimento concluso»), vedendosi sbattere la porta perfino dal Garante dei diritti della persona. Ed è così che Bartelle ha deciso di rivolgersi al Tar chiedendo l’annullamento del provvedimento del Garante che, appunto, sostiene che i nominativi non vanno resi noti.
«Con questo ricorso - ha detto Bartelle - mi propongo un duplice fine: portare trasparenza e un minimo di democrazia in seno al consiglio regionale che sta cercando di impedirmi di esercitare il mandato avuto dagli elettori; rendere ai cittadini la dovuta informazione sui privilegi di cui la "casta" ancora oggi gode, nonostante precise promesse elettorali». Per la cronaca, oltre a Bartelle ha rinunciato al Tfr anche Cristina Guarda della Lista Moretti: «Il nostro è un mandato, non un lavoro. Non so come faccia, chi accetta l’assegno di fine mandato, a presentarsi ai cittadini dopo tutte le promesse fatte per le elezioni».
Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 08:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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