Primarie del centrosinistra, evitato
il flop ma restano alcuni buchi neri

Lunedì 1 Dicembre 2014 di Alberto Francesconi
Primarie del centrosinistra, evitato il flop ma restano alcuni buchi neri
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Alla fine, forse, le Primarie logorano chi le fa. Perché è vero che portare 39.619 persone a votare nel corso dell’ennesima allerta meteo, e in un clima politico anche più plumbeo, rappresenta un risultato. Ma è pur vero che il confronto con le precedenti chiamate alle urne del popolo del Pd lascia un po’ l’amaro in bocca. Lo scorso anno, al playoff democratico fra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani, erano stati 200mila i veneti che si erano messi in coda ai seggi - quasi tre milioni in tutta Italia - per scegliere il segretario e soprattutto una linea politica. E un anno prima, quando c’erano da scegliere i candidati del Pd alle elezioni politiche del marzo successivo, il Veneto aveva risposto con 60mila votanti.



Senza scomodare le precedenti consultazioni fra Bersani e Francesconi e fra Prodi e Veltroni, non occorre una cattedra in statistica per capire che la disaffezione alle urne si tocca anche fra chi ha sempre fatto del voto un dovere civile, prima che un diritto. «È indubbio che ci sia un po’ di stanchezza e delusione da parte degli iscritti», ammette Lucio Tiozzo, capogruppo del Pd in Consiglio regionale. «Ma a dire la verità eravamo molto più preoccupati. Chiamare di continuo gli iscritti al voto può produrre anche questi effetti». Ma la "fatica" di votare è solo uno degli elementi da prendere in considerazione: Il campanello d’allarme delle elezioni in Emilia Romagna, con il partito spaccato in due e l’affluenza al 37,3%, era stato udito da tutti, a cominciare dalla direzione regionale del partito. «Ci aspettavamo 25-30mila votanti - prosegue Tiozzo - Averne portati alle urne 40mila, in un partito che conta 16mila iscritti, è un risultato che va letto positivamente».



Vero, ma solo in parte. Perché il confronto con le Primarie dello scorso anno è comunque deludente: in provincia di Rovigo, terra di solide radici contadine e operaie, i votanti sono stati meno di tremila (2808 il dato ufficiale), un terzo dei partecipanti alle Primarie dello scorso anno. In provincia di Padova hanno votato 8.447 cittadini, pochi più di Treviso (8.159), segno di disagio per i militanti di un partito che discutono, senza mezzi termini, di una possibile scissione della sinistra in contrasto con il premier (nonché segretario) Renzi. Ma nel feudo leghista della Marca ha pagato il confronto fra Alessandra Moretti e la candidata di casa Simonetta Rubinato.

E se Vicenza - dove Ladylike Moretti giocava in casa - ha fatto il pieno con 6.676 votanti, Belluno, terra del segretario regionale Roger De Menech, ha risposto in modo tiepido, ma la disaffezione si è toccata con mano. Come a Costalta, in Cadore, dove più del partito preoccupa la sicurezza idraulica, e dove il seggio per le Primarie di domenica è rimasto desolatamente vuoto. Zero elettori.



Ma anche Venezia ha risposto in modo poco soddisfacente: 7.881 elettori, un quarto rispetto al 2013, meno dei 10-12mila votanti previsti dal segretario provinciale ed ex deputato Marco Stradiotto. Inutile dire che l’inchiesta sul Mose e la fragorosa caduta della Giunta Orsoni non è passata inosservata. «Il dato non è paragonabile con altre Primarie promosse dal partito - mette le mani avanti il parlamentare mestrino Michele Mognato - ma rispetto al clima che c’è il risultato è soddisfacente. Non tale da stappare bottiglie ma incoraggiante, se si pensa che ci sono state poche settimane di tempo per preparare la consultazione». Il riferimento non è casuale, se si considera che la data scelta in origine per le Primarie era il 14 dicembre. «Le Primarie andavano preparate per tempo», ha commentato domenica il veronese Michele Fiorillo, esponente della sinistra interna.



Già, la sinistra. Se in direzione regionale il risultato delle Primarie è interpretato come una base sulla quale cominciare a costruire la sfida a Luca Zaia, l’incognita è rappresentata dalla tenuta del partito, alle prese con il Jobs Act e, in prospettiva, la corsa per il Quirinale. «Adesso dobbiamo concentrarci con tutte le nostre forze nella via del cambiamento», è il commento dei vice segretari nazionali Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini. Ma prima della sfida per strappare il Veneto al centrodestra, il Pd dovrà in primo luogo ritrovare se stesso. E i suoi elettori.
Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 07:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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