Grandi Navi, la Serracchiani boccia
il porto offshore: «Chi paga?»

Sabato 4 Ottobre 2014
Grandi Navi, la Serracchiani boccia il porto offshore: «Chi paga?»
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TRIESTE - La Serracchiani ha nuovamente bocciato il porto offshore di Venezia, lo scalo che il presidente dell’Autorità portuale veneziana Paolo Costa vuole costruire in mezzo al mare al largo della bocca di porto di Malamocco per ospitare le navi sempre più grandi, che non riescono ad entrare in laguna, ma anche per servire gli altri porti dell’alto Adriatico riuniti nell’associazione Napa, Ravenna, Trieste, Capodistria e Fiume, oltre naturalmente a Venezia.



Debora Serracchiani è il vicesegretario nazionale del Pd e responsabile per le infrastrutture, ed è pure governatore del Friuli Venezia Giulia nel cui territorio vive e opera il porto di Trieste e ieri, grazie ai responsabili del Pd veneziano che hanno organizzato un convegno dal titolo "Venezia alla sfida della portualità alto-adriatica", ha avuto l’opportunità di dire anche a Mestre nella "tana del leone" ciò che pensa del porto veneziano e del suo presidente. Pur non collegando Venezia e Paolo Costa con il suo ragionamento, ha detto chiaramente che «continuare a progettare cose immaginifiche, che non hanno finanziatori privati, e senza consolidare l’esistente, è un modo per consegnare il futuro della nostra portualità agli scali stranieri di Capodistria e di Fiume, dove nei prossimi anni pioveranno miliardi di investimenti dell’Unione Europea».

La soluzione è che i porti italiani dell’alto Adriatico uniscano le forze per dare servizi migliori alle compagnie e quindi battere la concorrenza.

La Serracchiani ha parlato alla fine del convegno e non aveva nemmeno ascoltato Paolo Costa intervenuto ad inizio mattinata quando ancora lei non era arrivata. Con bordate come quelle del numero due del Partito democratico, senza contare le bocciature di personaggi come il presidente dell’Autorità portuale di Ravenna o il vicepresidente dell’interporto di Padova, si è capito bene che aria tira per Venezia a livello nazionale ma anche nel nostro territorio. A meno che quanto uscito dal convegno di ieri organizzato dal Pd veneziano, nell’ambito delle iniziative che stanno portando alla campagna elettorale per Comune e Regione, non sia solo una faccia della medaglia.

Paolo Costa, a differenza della Serracchiani, ha provato a ribadire che non si deve parlare di concorrenza tra i porti dell’alto Adriatico ma di sinergie, perché le navi sempre più grandi e i corridoi dei traffici internazionali hanno bisogno di più scali in quest’area, insomma che mettendosi assieme si conquisteranno più traffici per tutti. E ha provato pure a spiegare che «il porto offshore serve naturalmente a Venezia, il cui porto è costruito in mezzo alla laguna con fondali troppo bassi, ma che è anche a servizio di tutti gli altri scali, perché abbassa i costi sostenuti dai produttori locali, rende la portualità alto-adriatica più forte e in grado di competere con i porti baltici che stanno diventando i veri concorrenti (altro che Fiume e Capodistria), e contribuisce a rilanciare l’area industriale di Porto Marghera oggi in agonia». Tirando le somme, però, la sua è sembrata una flebile voce in mezzo a una tempesta di venti contrari. A margine dell’intervento della Serracchiani, Costa ha provato pure a spiegare che il fatto che non ci siano finanziatori privati per l’offshore non è un segnale negativo, perché i privati si trovano solo quando il progetto è approvato, e perciò ha proposto al Governo di dargli un parere favorevole per dodici mesi, termine entro il quale reperire i fondi privati, pena la scadenza dell’autorizzazione. Ma ormai la sala si stava svuotando e, come ha detto lo stesso presidente dell’Autorità portuale veneziana, senza l’offshore anche il futuro del porto lagunare, a lungo termine, è a rischio.

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Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 08:02

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