I soldati veneti e friulani di Napoleone Bonaparte: le battaglie e gli eroi

Giovedì 12 Novembre 2020 di Alessandro Marzo Magno
I soldati veneti e friulani di Napoleone Bonaparte: le battaglie e gli eroi

Nella prima battaglia di Lissa nel 1811, le truppe del Regno d'Italia sono composte anche da numerosi militari friulani. Tra gli eroi di quell'episodio vi è Giuseppe Duodo da Codroipo che nelle fila dei francesi combatte contro gli Asburgo. A Camolli vicino a Sacile in uno scontro di terra sotto il vessillo transalpino contro gli austriaci ci sono 37 mila italiani.


LA STORIA


L'eroe di Lissa si chiama Giuseppe Duodo.

Attenzione però, non siamo nel 1866, ma nel 1811 e Duodo, nato a Codroipo e comandante della fregata Bellona, il 13 marzo 1811 non combatte per gli Asburgo, ma per Napoleone. I nemici, questa volta, non sono gli italiani di Carlo Persano, ma i britannici di William Hoste che vince perché nessuno in quell'epoca è in grado di battere la Royal Navy. Il 16 aprile 1809, a Sacile aveva debuttato in battaglia una divisione tutta italiana e comandata da un italiano, il generale Filippo Severoli (anche se aveva il vezzo di rivolgersi a tutti in francese), ne facevano parte anche numerosi veneti e friulani che da quattro anni erano sudditi del napoleonico Regno d'Italia, al cui vertice sedeva il il viceré Eugenio di Beauharnais. Soldati a tutti gli effetti a servizio di Napoleone. 


I NAPOLEONICI

Nel 1805 il Regno d'Italia eredita i territori della napoleonica Repubblica Italiana ai quali aggiunge gli ex territori della Serenissima, dopo la fine della prima dominazione austriaca. Bisogna allargare le forze armate arruolando soldati anche nei nuovi domini: vengono «chiamati alla bandiera mille nuove coscritti dalla Venezia» (notare l'uso della parola Venezia anziché Veneto: il Veneto come entità amministrativa ancora non esiste). Si istituiscono una legione dalmata forte di 2930 uomini e un battaglione cacciatori dell'Istria della forza di 770 uomini. Le guardie d'onore vengono aumentate di una compagnia, la quinta, (di Venezia) comandata da Lodovico Widmann Rezzonico.


La novità è che questi reparti non vengono comandati da ufficiali francesi, come in precedenza, ma da italiani. Il già nominato Filippo Severoli, nato a Faenza ed ex ufficiale pontificio, succede al milanese Carlo Teulié, morto nel 1807, come generale di divisione. Sotto di lui si trova il colonnello Carlo Zucchi, nativo di Reggio Emilia che ci ha lasciato un libro di memorie. Di fatto si tratta del primo nucleo di un futuro esercito italiano. «Erano soldati bellissimi per aspetto, avvezzi a tutte le fatiche, a tutti i disagi della guerra, affezionati oltre ogni dire all'onore della bandiera e segnalati per disciplina e valore» scrive Zucchi. Alla fine del 1808, alla vigilia della guerra, l'esercito italiano disponeva di 44 mila uomini e 6 mila cavalli, con un parco di artiglieria forte di 120 pezzi.


LE SCHIERE

I volontari erano numerosi, questo l'elenco di quelli provenienti dal futuro Veneto: 79 dal distretto dall'Adige, 91 Adriatico, 71 Bacchiglione, 126 Brenta, 29 Piave, 77 Tagliamento; il distretto del Brenta era uno di quelli che aveva dato più volontari napoleonici in assoluto.
La battaglia di Camolli (da «campi molli», ovvero paludosi), una frazione di Sacile, si combatte tra le truppe francesi e quelle austriache: è una di quelle grandiose battaglie di epoca napoleonica che vede fronteggiarsi nella pianura tra Livenza e Noncello (e per di più sotto la pioggia) 76 mila uomini: 37 mila franco-italiani, al comando del viceré in persona, e 39 mila austriaci, comandati dall'arciduca Giovanni. Dalla parte dei napoleonici combattono sei divisioni, una delle quali, come detto, è completamente italiana e conta nei ranghi 9 mila uomini, 700 cavalli e otto pezzi d'artiglieria campale. «I nostri battaglioni da prima sostennero il fuoco con molta fermezza, ma poi di mano in mano si trovarono compiutamente perdenti. Perdite notabili sofferse il mio reggimento del quale furono messi fuori di combattimento circa ducento cinquanta uomini», osserva ancora Zucchi. Vincono gli austriaci che saranno impegnati dai francesi in una battaglia del Piave in anteprima, nelle stesse località, tipo Nervesa, dove i loro discendenti combatteranno un secolo dopo. I caduti sono circa 3 mila per parte, ma alla fine la bilancia della guerra penderà dalla parte dei napoleonici. 


LA POTENZA NAVALE

Con l'acquisizione dei territori dell'ex Serenissima e della Romagna ex papalina, il Regno d'Italia diventa una potenza navale: può contare su 6 mila marinai e una squadra di tre fregate, oltre a naviglio minore. A capo viene posto il modenese Amilcare Paulucci, che aveva servito nella marina napoletana. Il 13 marzo 1811 una squadra navale franco-italiana, al comando di Bernard Dubordieu, affronta i britannici nelle acque di Lissa, isola al tempo strategica per il controllo dell'Adriatico (e questo spiega perché vi siano state combattute ben due battaglie). I britannici stravincono: perdono soltanto 50 uomini e nessuna nave, mentre i franco-italiani contano 220 vittime (compreso il comandante Dubordieu) e cinque navi perse, tra le quali due catturate, la Corona comandata dal veneziano Nicolò Pasqualigo, di famiglia patrizia, e la Bellona agli ordini del friulano Giuseppe Duodo, figlio di un ebreo convertito e della nobildonna Maria Manin. Duodo, già ufficiale della Marina veneziana, nel 1792 era stato primo pilota a bordo della Fama, la fregata che aveva riportato a Venezia la salma di Angelo Emo, l'ammiraglio che aveva bombardato Tunisi ed era morto a Malta. 


L'EROISMO

Durante la battaglia di Lissa una cannonata gli amputa entrambe le gambe, Duodo allora si fa appoggiare all'albero di maestra e continua a combattere con due pistole in pugno. Quando gli inglesi abbordano la nave, lo trovano così e lo fanno prigioniero. Il comandante voleva far saltare la santabarbara dopo essersi arreso per non consegnare la nave al nemico, non potendo farlo di persona, ordina al secondo di accendere la miccia, questi gli promette di farlo e invece consegna la nave ai britannici, una volta saliti a bordo. Duodo muore due giorni dopo a Lissa, convinto che la sua nave sia esplosa. In segno di rispetto, il commodoro Hoste fa restituire alla famiglia la sciabola e il cappello di Duodo che oggi si trovano in un magazzino del castello di Udine.


La fregata Corona, comandante Nicolò Pasqualigo, già ufficiale agli ordini di Angelo Emo, resiste per parecchie ore al fuoco della nemica Hms Active, ma alla fine deve arrendersi: Pasqualigo è ferito, l'equipaggio è decimato e a bordo infuria un incendio contrastato sia dai marinai inglesi sia dai loro prigionieri veneziani. Anche Pasqualigo è preso prigioniero, gli lasciano la sciabola e lo portato a Malta, dopo un po' di tempo viene rilasciato e torna a Venezia. Diventerà comandante della flotta militare austriaca. Un altro patrizio che ha servito con Angelo Emo e che si ritrova comandante con i napoleonici è Silvestro Dandolo: gli viene affidata la flotta delle isole Ionie con la quale compie un colpo di mano contro gli inglesi a Santa Maura, tornati gli austriaci, diventerà comandante dell'Arsenale. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci