Turismo, edilizia e rifiuti: tutti gli affari delle cosche a Nordest

Lunedì 19 Agosto 2019 di Donatella Vetuli
Turismo, edilizia e rifiuti: tutti gli affari delle cosche a Nordest
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Le mani dei boss sull’economia sana, e senza sparare un colpo. A lanciare l’allarme è l’Autorità nazionale anticorruzione: in Italia negli ultimi 5 anni 2.044 imprese hanno ricevuto dalle prefetture un’interdittiva antimafia, con un balzo del 370 per cento rispetto al 2014. Il che significa che il nutrito gruppo di imprenditori ritenuto vicino alla criminalità organizzata ha avuto il divieto di ottenere, anche solo temporaneamente, commesse pubbliche. Quanto al Veneto, nello stesso periodo 2014-2018 sono state individuate e interdette 37 aziende in odore di mafia, quasi una (0,8 per cento) ogni centomila abitanti, 16 solo nel 2017. Nella classifica regionale Anac prima è Verona, a quota 14, seguita da Venezia con 7, quindi Treviso con 6, Rovigo 5, Vicenza 3 e ultima Padova con 2. In Friuli, sono 3, 2 a Trieste e una ad Udine. Se nella graduatoria nazionale delle province con almeno 10 aziende con  interdittiva primeggia Reggio Calabria, Verona si attesta al trentunesimo posto, prima della siciliana Ragusa. Secondo il report dell’Anticorruzione le aziende del Nord sono quasi quadruplicate (in testa l’Emilia Romagna), quelle del centro raddoppiate e quelle con sede nel Mezzogiorno cresciute di oltre cinque volte.
L’ALLARME
«Appare preoccupante - si legge nel rapporto dell’Anac, elaborato sui dati del casellario informatico delle imprese secondo le segnalazioni inviate dalle prefetture - l’incremento dei provvedimenti registrato in contesti geografici diversi da quelli autoctoni delle mafie, come peraltro dimostrato anche da numerose indagini della magistratura. Non è da escludere che ciò sia in parte dovuto a un miglioramento del flusso informativo in entrata, ovvero a comunicazioni più puntuali delle prefetture all’Autorità. Una simile tendenza è anche una conferma ulteriore che non esistono zone immuni dalle infiltrazioni mafiose e che il comparto degli appalti pubblici è uno dei più a rischio in assoluto. Parimenti, il trend sembra essere il segno di una sempre più penetrante attività investigativa dell’autorità giudiziaria. Tuttavia, ed è certo l’elemento più allarmante, numeri di tali dimensioni sono sintomatici del livello con cui le organizzazioni criminali di stampo mafioso stanno infiltrando il tessuto dell’economia legale».
I settori più bersagliati dai provvedimenti nel Nordest sono i trasporti, l’edilizia, i rifiuti, il commercio, il turismo. Risalgono a poco tempo fa le tre interdittive della prefettura di Venezia nei confronti delle aziende del boss dei casalesi Luciano Donadio, compresa la sala scommesse del figlio Adriano. «La forza di tali misure - spiega il veronese Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso pubblico - è che i prefetti hanno capito che occorre partire dall’economia criminale per combattere il malaffare. Tra i punti deboli, invece, quella parte dell’imprenditoria consapevole del problema, ma che tuttavia non ne vuole prendere atto».
IL PROVVEDIMENTO
«Ormai dobbiamo parlare di presenza radicata nel Nordest della criminalità organizzata. Penso di proporre un comitato a riguardo - afferma Giovanni Endrizzi, senatore padovano del M5s e membro della commissione parlamentare antimafia -. Quanto alle interdittive colpiscono la capacità di sviluppare patrimoni illeciti, di contaminare la spesa pubblica e la libera concorrenza. La facoltà delle prefetture di condurre istruttorie solide e resilienti ai ricorsi, spesso pretestuosi se non francamente temerari, è la chiave di volta. Il numero assoluto di interdittive non può essere visto solamente con preoccupazione come indicatore di un fenomeno in crescita, ma deve anche rassicurare sulla capacità di reazione dello Stato nella sua declinazione più efficace, quella appunto di prevenzione e diagnosi precoce».
Provvedimento amministrativo relativamente giovane, che risale al 2011, contro una mafia silente che fa affari. La sua applicazione non richiede la condanna dell’imprenditore, bastano indizi sulla sua contiguità alle cosche. Si legge nell’ultima relazione informativa biennale regionale per il monitoraggio sulla prevenzione del crimine organizzato e mafioso: «Solo con l’indagine Aemilia della Dda di Bologna e con i relativi arresti e sequestri di prevenzione attuati nel gennaio 2015, è emersa con chiarezza la diffusione delle cosche della ’ndrangheta in vaste aree del Veneto. Da allora si è iniziato a utilizzare in modo significativo lo strumento delle interdittive antimafia, in particolare a Verona e a Treviso, dove i provvedimenti dei nuovi prefetti, nominati nell’estate del 2015, hanno evidenziato presenze mafiose, in diverse imprese. In realtà fin dai primi anni Novanta le mafie hanno scelto il Veneto per investire risorse e nascondere latitanti».
Per chi è pulito c’è la white list, l’elenco prefettizio delle aziende impermeabili all’infiltrazione mafiosa. 
Donatella Vetuli
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Ultimo aggiornamento: 14:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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