Renzo Tondo: «Rifondare il
Centrodestra. Riparto da Passera»

Martedì 3 Febbraio 2015 di Maurizio Bait
L'ex presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo. E' dirigente di Italia Unica
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TRIESTE - «Lo vedete tutti: in Italia il bipolarismo non c’è più. E sì che era il sale della democrazia. Perciò questa novità promossa da Passera può rivelarsi importante per ricostruire il Centrodestra nel Paese».

Diavolo di un Renzo Tondo. Quando meno te l’aspetti, ecco la sortita del carnico dal ciuffo ribelle: prende il treno, si alza pure presto che per lui dev’essere una maledizione del cielo. Va all’assemblea costitutiva di Italia Unica, il nuovo partito dell’ex ministro Corrado Passera, e ne esce componente del consiglio nazionale. Come dire: entra chierichetto ed esce cardinale di una forza politica che ripudia i «populismi» di Renzi, Salvini e naturalmente Berlusconi. E che tenta di dissodare una strada difficile verso una realtà politica nuova e alternativa ai Democratici del premier.

Renzo Tondo da Tolmezzo ha governato il Friuli Venezia Giulia da forzista, salvo affermare in beata solitudine - ai tempi - che Berlusconi era «bollito», constatazione che peraltro gli sarebbe stata cento volte rinfacciata e gli avrebbe guadagnato la freddezza del Signor B. Perduta di misura la Regione per mano di Debora Serracchiani, ha dapprima guidato la coalizione di Centrodestra, ma poi ha osservato che la Lega andava per conto suo, mentre da una parte i suoi "pezzi" in Consiglio regionale si disfacevano come neve a primavera e però dall’altra il movimento riprendeva quota sul territorio grazie proprio all’effetto Salvini e alla linea giovanilista e aggressivamente corretta del triestino Massimiliano Fedriga. Quanto al Nuovo Centrodestra di Alfano, Tondo ha visto in Sandro Colautti, l’amico socialista di una vita e suo ex portavoce, un’inedita testa di ponte verso la Debora nazionale. E Forza Italia, guidata dai non più amici Sandra Savino e Riccardo Riccardi, entrambi suoi assessori fino alla primavera del 2013, è arroccata sempre più difficilmente su posizioni che trovano scarne sponde politiche anche a Trieste.

Così ha fatto le fatidiche valigie politiche ed è andato a presiedere il gruppo della sua lista civica, Autonomia responsabile. Da lì, non senza condividere con i suoi tale scelta, ha organizzato l’odierna sortita.

«Se le alternative a Matteo Renzi son quelle attuali - spiega Tondo misurando le parole - questo presidente del Consiglio può governare l’Italia per quarant’anni. Non credo che tale prospettiva vada bene all’Italia, quindi dobbiamo dare corpo a un’altra possibilità credibile». Il resto lo dirà nei prossimi giorni, visto che ieri in Consiglio regionale ha fatto sfoggio con i più di un rigoroso silenzio.

Hanno parlato gli altri, certo che sì: «Un soggetto in cerca d’autore», è l’ironica battuta pirandelliana di Colautti, che del suo getta ponti di barche verso Serracchiani che cordialmente ricambia: «Sul piano nazionale occorre rinsaldare l’azione di governo» e dunque ricucire alla svelta con Angelino Alfano. A Trieste, intanto, «dialogo aperto sul terreno delle riforme», che sono quello stupendo enunciato platonico sotto il quale si consumano diversi amori politici clandestini. Guardacaso quelli di Sel, alleati talora scomodi di Debora in Regione, si affrettano a declamare che «non esistono le condizioni per allargare la maggioranza».

Gelido come una sferzata di Bora il capogruppo forzista Riccardo Riccardi, già potente uomo delle infrastrutture regionali: «Ognuno risponde alla propria coscienza, ma almeno si faccia chiarezza sulle posizioni».

«Vi dico che la scelta è giusta», sentenzia invece quel guascone geniale che è Roberto Dipiazza, ora consigliere di Autonomia responsabile ma già in campo per tornare nel 2016 a fare il sindaco di Trieste mandando a casa il Pd Cosolini, ex assessore illyano. «Certo, la scena nazionale è una cosa e quella locale un’altra», mette le mani avanti per non tagliarsi del tutto i ponti a destra. Lui, il Robertone giuliano che rivendica la sua friulanità di natali: nato ad Ajello, Udine, patria condivisa con uno che di contropiede se n’intendeva. Si chiamava Enzo Bearzot.
Ultimo aggiornamento: 13:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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