Antonia Verocai, a Cortina
la prima fotoreporter di guerra

Lunedì 27 Luglio 2015 di Elena Filini
Antonia Verocai Zardini nel suo atelier a Cortina
CORTINA - Rubare la guerra attraverso gli scatti. Dire la paura, il dovere, l'angoscia. Dal diaframma di una finestra, raccontare il dolore e lo slancio di un conflitto che arriva di fronte alla porta di casa. Non più madre, non solo donna, ma fotoreporter in prima linea. Quella di Antonia Verocai Zardini è una delle molte storie in emersione nel centenario della Grande Guerra.



Ampezzana, protagonista del conflitto proprio malgrado, nel 1915 Antonia reinventa, per fame e passione, un mestiere: quello del fotografo al fronte. Alla prima fotoreporter bellica d'Italia è dedicato un intenso ritratto (ricostruito da Nadia Grillo) in "Donne si fa storia", staffetta digitale sul ruolo femminile nella Grande Guerra legato alle professioni dell'oggi a cura del centro studi militari Piero Pieri di Vittorio Veneto e www.dentrolagrandeguerra, presentato alcuni giorni fa a Cortina tra le righe.



Antonia Verocai, nasce a Cortina nel 1876 e impara il mestiere dal marito Raffaele nello storico studio fotografico affacciato su piazza Venezia. L'atelier racconta, agli esordi del nuovo secolo, la perla delle Dolomiti nei momenti di festa valligiani e nel turismo sempre più ricercato. Poi, dal maggio 1915, il marito di Antonia è sospettato di irredentismo e internato a Katzenau. E' così che Verocai prende in mano le redini dell'attività: ha 39 anni, quattro figli da sfamare e un nuovo immenso teatro d'azione, la guerra. Il suo sguardo si posa prima di tutto sul paese spopolato dagli uomini e composto da donne e bambini, sui momenti di pausa dei soldati, sugli ufficiali, soldati e la folla che osservano stupiti e impauriti un aeroplano che sorvola Cortina nell’estate del 1915, sulle cerimonie religiose negli accampamenti, i funerali.



Ma la macchina da presa di Antonia ferma anche i prigionieri austriaci catturati nell’estate 1915 vicino Passo Falzarego; le trincee a Col dei Bos nell’agosto del 1917; le linee difensive italiane alle Cinque Torri; i baraccamenti italiani ai piedi delle montagne; lo scoppio della bomba vicino a Piazza Venezia il 14 luglio 1916; il grande incendio in città del 4 ottobre 1916.

Lo sguardo pietoso, alto, non militante, nelle sue foto ritrae la guerra per quello che è, un'immane tragedia di uomini soli contro la violenza e la morte. La passione per le immagini e per il presente fa scuola in famiglia: l'atelier di Cortina sarà in prima linea anche nel secondo conflitto mondiale, mentre negli anni Cinquanta c'è il definitivo passaggio di testimone.



Tra i figli di Antonia, Roberto e Rinaldo hanno voluto come la madre ritrarre momenti difficili delle guerre successive, il primo sul fronte greco - albanese e Roberto su quello del fronte russo e la terribile ritirata della Julia, mentre il nipote Stefano ha coperto come reporter freelance numerose situazioni di emergenza in oltre 60 Paesi del mondo ed oggi gestisce, nel ricordo dell'ardimentosa nonna, l'archivio di famiglia.
Ultimo aggiornamento: 13:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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