Coronavirus. Palù: «Il calo del contagio continua ma ora servono i test per capire l'immunità»

Martedì 14 Aprile 2020 di Angela Pederiva
Coronavirus. Palù: «Il calo del contagio continua ma ora servono i test per capire l'immunità»
Il professor Giorgio Palù, già presidente delle Società italiana ed europea di Virologia, è emerito di Microbiologia a Padova e associato di Neuroscienze a Philadelphia, nonché consulente di Azienda Zero.

Oggi comincia il lockdown soft, ma si registrano ancora decessi e contagi, benché ridotti: quanto va avanti il Covid-19?
«La durata dell'incubazione è stata stimata in 14 giorni, ma solo sulla base di indagini su piccoli campioni. Nella realtà osserviamo però che la malattia può perdurare anche 4 o 5 settimane. Non c'è un dato esatto, tanto che ho proposto di effettuare uno studio caso-controllo, però l'osservazione clinica mostra che il ricoverato può avere un aggravamento, poi una ripresa, quindi un nuovo peggioramento».

La permanenza media in Rianimazione è attestata sui 21 giorni in Veneto. 
«Ecco, appunto: capita di dover intubare e di poter poi estubare, ma anche di dover riaccendere tutto di nuovo. Per questo è ragionevole pensare che i morti attuali siano ascrivibili ad effetti biologici prodotti dal virus qualche settimana fa». 

A quanto ammonta attualmente l'R0, cioè il tasso di replicazione del Coronavirus?
«L'ultima rilevazione che ho visto, effettuata alla fine della settimana scorsa, dava 1,44. Questo numero è dovuto anche al fatto che sono aumentati i tamponamenti, coinvolgendo le case di riposo. Più si cerca, più si trova».

Bisognerebbe però che scendesse sotto l'1, giusto? 
«Sì, finché il valore è sopra quella soglia, significa che ogni positivo contagia più di una persona. Ma al calcolo esatto manca un denominatore preciso, che comprenda anche gli asintomatici. Per questo è importante lo studio di sieroprevalenza avviato dai professori Giuseppe Lippi e Mario Plebani. E ribadisco: il test ha avuto pubblicazioni scientifiche con ricercatori sia giapponesi che finlandesi ed è stato validato dall'ente certificatore europeo che si appoggia al Paul-Ehrlich-Institut, quindi è assolutamente attendibile. Perciò basta polemiche: la comunità scientifica non può dividersi fra sostenitori del tampone e fautori del test, perché l'uno misura l'incidenza e l'altro rileva la diffusione. Non vogliamo chiamarlo patente? Benissimo, ma sappiamo che ci dà comunque lo stato di immunità acquisita, cioè dice che un soggetto che ha sviluppato gli anticorpi è protetto. Ricordo che immunitas non sarà un termine di moda come l'inglese lockdown, ma è una parola latina dal significato ben chiaro: deriva da munus, il dovere da cui erano esentati i consoli. Ecco, l'immunità è l'esenzione dall'infezione». 

Pasqua ha portato zero nuovi casi a Treviso e Rovigo: come legge questo dato?
«Come una fondamentale conferma della tendenza alla diminuzione. Ma non bisogna abbassare la guardia, soprattutto adesso che riapre il 60% delle aziende. Per questo dal Governo centrale ed europeo mi aspetterei un indirizzo politico in base al calcolo rischi-benefici per la salute e per l'economia. Chiaro che è difficile da valutare, soprattutto se la task-force è composta da 17 teste... Ma un'indicazione potrebbe essere: riprendiamo quando R0 è inferiore a 1. Dopodiché la fase operativa deve essere lasciata alle Regioni, perché ci sono significative differenze anche tra una provincia e l'altra. Il Veneto, con il suo modello di sanità pubblica incentrato sui presìdi territoriali, ha già disegnato uno scenario della ripresa: il servizio epidemiologico può dire, se riapre una determinata fabbrica, chi va a lavorarci e che cartella clinica ha».

Come valuta le nuove misure?
«Corrette. Un metro è la distanza del droplet, ma con lo starnuto c'è la possibilità che qualche gocciolina pesante si trasformi in leggera, per cui è meglio essere prudenti e raddoppiare. Bene l'obbligo di guanti e mascherine dappertutto, perché c'è anche il contagio indiretto. Via i 200 metri? L'importante è evitare gli assembramenti».
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